Non più di un paio di giorni fa mi trovavo in aereo, seduta affianco ad una anziana signora. Dato che avevo in mano una copia di un quotidiano, la signora ha intrapreso una discussione sulla rivolta libica e sulla condizione socio-economica dei pensionati statali in Italia. La signora, che avrebbe potuto essere una qualunque mamma o nonna italiana, pensava che i ribelli libici avessero sbagliato a rivoltarsi contro Gheddafi, dato che quest’ultimo aveva fatto conoscere periodi di
prosperità economica al suo popolo. Nella discussione mi è capitato di sottolineare che, sebbene quanto stesse dicendo avesse un fondo di verità in passato, la Libia si configura come una dittatura impietosa nei confronti degli oppositori al regime e che non tutto è giustificabile in nome del benessere economico, ammesso che i libici in genere potessero vantarne uno.
prosperità economica al suo popolo. Nella discussione mi è capitato di sottolineare che, sebbene quanto stesse dicendo avesse un fondo di verità in passato, la Libia si configura come una dittatura impietosa nei confronti degli oppositori al regime e che non tutto è giustificabile in nome del benessere economico, ammesso che i libici in genere potessero vantarne uno.
Ovviamente queste affermazioni alla signora sono parse un inutile esercizio di stile, ha quindi iniziato ad asserire che sebbene in Italia non vi fosse una dittatura lei si sentiva sotto dittatura, dato che non aveva i soldi per permettersi neppure le cure mediche di cui necessitava. Questo piccolo episodio mi ha dato la misura di quanto siamo una popolazione in sofferenza, una sofferenza talmente acuta da non farci neppure più apprezzare le libertà di cui godiamo, per quanto spesso velatamente minacciate dal governo in carica.
Cerchiamo ora di capire quali sono i pregressi storici della rivolta in Libia e che influsso quest’ultima potrebbe avere sul nostro Paese.
Nel 1969 il re filo-occidentale Idris fu deposto da un gruppo di ufficiali, fu allora che Mu’ammar Gheddafi, grazie a un violento colpo di mano, divenne presidente del governo provvisorio. Si fa per dire, dato che è a tutt’oggi la massima autorità politica del Paese.
Gheddafi iniziò il lungo periodo di governo con una serie di nazionalizzazioni delle grandi imprese italiane. Il governo godeva di piena sovranità politica e impiegò le entrate delle grandi imprese nello sviluppo di importanti infrastrutture per il Paese. Ricordiamo a tale proposito il Great man made river, un’infrastruttura idraulica, una sorta di fiume artificiale, che sfruttava acqua contenuta nei laghi sotterranei al fine di offrire acqua potabile alla popolazione.
Fece quindi approvare dal Consiglio una nuova Costituzione, da lui definita araba, libera e democratica. In nome del nazionalismo arabo, egli nazionalizzò la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, espropriò ed espulse la comunità italiana e quella ebraica residenti nel Paese, chiuse le basi militari statunitensi e britanniche.
La politica della prima parte del governo Gheddafi viene definita come una “terza via” tra comunismo e capitalismo nella quale egli inserì i principi del panarabismo e della socialdemocrazia. Tale teoria venne esposta in maniera esaustiva nel Libro Verde, pubblicato nel 1976.
Gheddafi ebbe una svolta politica negli anni Ottanta: la sua indole anti-israeliana e anti-americana lo portò a sostenere gruppi terroristi, tra cui l’irlandese IRA. Fu responsabile del lancio di un missile contro le coste siciliane, fortunatamente senza conseguenze. Divenuto il principale nemico degli USA, fu progressivamente emarginato dalla NATO. Nell’ ‘86 fu attaccato militarmente per volere del presidente statunitense Ronald Reagan. Inoltre l’ONU attribuisce alla Libia l’attentato di Lockerbie del 1988, in cui persero la vita duecentocinquantanove persone, considerato l’atto terroristico più cruento prima dell’11 settembre 2001.
La Libia si riavvicinò alla comunità internazionale a partire dagli anni Novanta, grazie alla condanna dell’Iraq nella Guerra del Golfo del 1990 e all’opposizione ad al-Qa’ida. Il 15 maggio 2006 gli Stati Uniti hanno riallacciato le relazioni diplomatiche interrotte da ormai venticinque anni, togliendo la Libia dalla lista degli “stati canaglia”. La relazione con l’Italia si è stabilizzata in seguito al Trattato di Bengasi del 2008. Dal febbraio 2009 al gennaio 2010, Gheddafi è stato eletto come Presidente di turno dell’Unione Africana.
Poi, inaspettata quanto benvenuta, la rivolta dei giovani, che dalla Tunisia si è propagata in tutta la sponda sud del Mediterraneo e nel mondo arabo.
Quali sono i possibili scenari per il futuro?
Spesso si sente dire che il centro del potere libico sono i militari. In realtà, avendo Gheddafi preso il potere in seguito ad un colpo di stato e provenendo egli stesso dalle file del mondo militare, ha sempre contenuto il potere ed i mezzi delle forze armate, temendone la pericolosità. Il cuore del potere sono i Comitati Rivoluzionari ed i Servizi di Sicurezza. Per garantire la propria sicurezza si è affidato alla Legione islamica, composta principalmente da mercenari originari dei Paesi limitrofi.
Ad oggi la sconfitta militare di Gheddafi non è ovvia: egli continua infatti a mantenere il controllo della Tripolitania e del Fezzan, e potrebbe riconquistare ulteriori aree del Paese.
La forza di opposizione a Gheddafi, invece, parte da lontano: da una Cirenaica che non ha mai riconosciuto al dittatore una connotazione nazionale, rimasta legata ai valori del regime monarchico che Gheddafi contribuì a scalzare. Dalla Cirenaica proviene malcontento anche a causa di una politica troppo punitiva nei confronti della regione, privata dei benefici delle infrastrutture create nelle altre aree del Paese.
Dal punto di vista strategico, resta da capire è se le cabile, ovvero tribù, si ribelleranno. In tal caso Gheddafi avrà il destino segnato perché perderà il suo principale anello di congiunzione col territorio. Altro possibile motivo di disequilibrio potrebbe essere l’intervento delle forze alleate, sulla cui pertinenza rimangono grandi dubbi.
Una delle grandi questioni derivanti dall’attuale situazione libica è quella dell’immigrazione clandestina. E’ un dato di fatto che la Libia abbia costituito un canale preferenziale per la rotta di immigrati clandestini verso l’Italia e l’Europa.
Tuttavia Gheddafi ha strumentalizzato ed enfatizzato questo problema, utilizzandolo talvolta come elemento di ricatto verso l’Europa; il regime libico si è così assicurato una rendita finanziaria e politica. L’accordo bilaterale tra Italia e Libia in materia è stato denunciato de facto da Gheddafi e ritenuto “sospeso” dal nostro Ministro degli Esteri.
E’ chiaro in materia migratoria sia necessario un coordinamento tra i membri dell’Unione Europea. Purtroppo, però, i principi dei padri fondatori: De Gasperi, Schumann e Adenauer sembrano dimenticati e sostituiti dagli egoismi nazionali imperanti. Cosa ne sarà dell’Europa, domani?
Un'interessante panoramica di Gavina Masala sullo scenario mediorientale e libico che ci aiuta a riflettere sui sommovimenti e tensioni dell'area mediterranea
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