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giovedì 4 agosto 2011

DELEUZE: LOGICA DEL SENSO, LINGUAGGIO E PROFONDITA' VISCERALE - Carla Righetti

 Logica del senso è indovinello intellettuale, indagine storica alla riscoperta degli Stoici, sposalizio della filosofia con psicanalisi (destinato ad avere breve durata eppure grande slancio), filosofia e letteratura, con un viaggio decisivo nel mondo di Lewis Carroll e della sua bambina Alice, dello Snark, di Sylvie e Bruno. Di esso, in nota alla prefazione italiana, Gilles Deleuze (1925 – 1995) scrive che “era la prima volta che cercavo un po’ una forma che non fosse quella della filosofia tradizionale; e poi era un libro gaio, in molti passi; e inoltre scrivevo in un periodo di malattia. Non ho niente da cambiare”.

Libro di passaggio, che Deluze non pensa neanche a modificare, che segna la rottura con quello che era stato a lungo argomentato in Differenza e ripetizione (scritto nel 1968; Logica del senso è del 1969), laboratorio personale alla caccia della personalissima visione che i libri di Carroll contengono, espressione di un autore che, dopo Logica del senso, si sarebbe dedicato all’opera del pensiero insieme ad un altro, Felix Guattari. Ci permettiamo allora di cogliere gli echi di Logica del senso come un a sé, un punto indipendente dalle influenze e dalle problematiche stesse del tempo in cui Deleuze si ritrovava ad attingere: non dissertiamo di filosofia. Se l’empirismo ha costituito la chiave di ricerca dell’itinerario sibillino di un Deleuze, lo sperimentale riguarda il miglior ricercatore che, tenendo in mano il testo, potrà davvero cogliere i momenti gai di cui Deleuze accenna, estrapolando un’esperienza e un sapore da un libro peculiare, difficile a tratti, affascinante.

Linguaggio, cosmologia, mappe mentali che si costruiscono in itinere, in 34 serie e due appendici (Platone e Lucrezio a confronto coi simulacri; Klossowski, Michel Tournier e Zola), profondità e superficie, l’evento e la differenza, nel barocco avvolgersi di spire d’incenso che, consumando di un fuoco costante e pacato, creano disegni destinati presti a sfuggire, con un significato e un’arte dell’avvenire e dell’esserci legata al linguaggio, ai suoi modi, alle sue vie. La dimensione dell’evento è quella del problema e della problematizzazione e, come avevano colto gli Stoici, eventi sono attributi logici che sussistono ed insistono, effetti di cause che sono le mescolanze dei corpi, di tutti i corpi l’uno per l’altro e che nel loro insieme universale costituiscono il Destino. Se le cose e gli stati di cose ineriscono ai corpi, conoscono solo il presente, all’evento è superficie, impassibilità e quindi concomitanza di attivo e passivo, suddivisione all’infinito tra passato e futuro nell’istante, espressione di un verbo e non di aggettivi e sostantivi.

Il tatto è il senso guida dell’esplorazione, in campo aperto e forse ostile, di Deleuze, esperienza viscerale che danza, permettendosi scorribande nel mondo del senso e in quello del non senso, appellandosi agli indirizzi degli Stoici, della scuola di Ockham, di Gregorio da Rimini e di Nicolas d’Autrecourt, di Meinong, accomunati, secondo Deleuze, dal tentativo di portare alla luce la quarta dimensione della proposizione: attraverso l’evento, di superficie, ouroboros che faccia percepire il senso. Se designando rapportiamo la proposizione allo stato di cose esterno, se manifestando enunciamo desideri e credenze propri (del soggetto), se significando tessiamo la trama dei concetti universali e generali (distinzione pregnante per Deleuze, come in Differenza e ripetizione rende chiarissimo) di cui la proposizione viene a fare parte in rapporti di implicazioni e premesse, trattiamo di tre dimensioni in cui si gioca una partita essenziale. Da una parte, la manifestazione, con l’ordine della parola, ha il primato sulle altre due, perché l’Io si mostra possessore di una significazione immediata (al modo del cogito di Descartes); dall’altra, secondo l’ordine della lingua, le significazioni valgono per se stesse e fondano la possibilità della manifestazione stessa. Ai tre ordini, Deleuze ne rinvia un altro: il senso, appunto. Il linguaggio entra in causa, immettendo il senso che è l’evento che è l’attributo e verbo all’infinito.



 (In foto: una modella bambina, Alexandra Kitchin, fotografata da L. Carroll)


In Lewis Carroll, tutto accade attraverso il linguaggio.


Autore: Gilles Deleuze.
Titolo: Logica del senso.
Pagine: 300.
Editore: Feltrinelli.
Prezzo: €  10, 00.

1 commento:

  1. A grande richiesta la Dottoressa Carla Righetti, ritorna a scrivere di Filosofia, lo spunto il testo di Gilles Deleuze, "Logica del senso", recensito per il nostro magazine.

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