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venerdì 30 dicembre 2011

CASTEL GANDOLFO: DALESSANDRO CONTRO LA CEMENTIFICAZIONE DEL TERRITORIO – La Redazione

“É stato pubblicato il 20 dicembre 2011 sul sito Castellinews.it e nei giorni successivi anche su altri giornali quotidiani – spiega il Consigliere Comunale Pdl di Castel Gandolfo Raffaele Dalessandro - un articolo in cui vengono descritti i concetti salienti di un progetto, proposto dall’Ing. Luigi Caporicci (già assessore al Comune di Nemi) e dall’Arch. Elisabetta Cicerchia, avente come obiettivo una nuova infrastruttura di dimensioni ed impatti economico-ambientali notevolissimi.


Articolo in cui gli autori affrontano con un’insolita leggerezza il delicato problema degli equilibri tra urbanizzazione e conservazione del patrimonio storico-ambientale. Forti anche del supporto di autorevoli professionisti all’uopo interessati e consultati, vogliamo qui anticipare una prima analisi dei contenuti del progetto con spirito critico, contestualizzando dapprima gli aspetti legati alle stravaganti e incomprensibili modalità ipotizzate per contrastare il grave dissesto idrogeologico che ha generato l’abbassamento del livello dei due laghi, poi quelli legati alle sproporzionate e impattanti infrastrutture da realizzare, e in ultimo, ma non per importanza, gli aspetti strettamente connessi al patrimonio storico-culturale che andrebbe ad essere completamente svilito e snaturato. Per quel che riguarda il fenomeno idrogeologico – continua Dalessandro - dobbiamo premettere che i laghi hanno goduto fino a pochi anni fa dell’abbondante acqua sorgiva derivante dalle profonde falde caratteristiche del territorio. I Romani, con un’alta visione e sapienza in ingegneria idraulica, hanno saputo dotare entrambi i laghi di emissari per il livellamento delle acque: un sistema idraulico dinamico che consentiva l’innalzamento e l’abbassamento delle acque dei laghi in relazione delle esigenze (varo e navigazione delle navi romane a Nemi, gestione delle aree per le coltivazioni pregiate sulle sponde). Dobbiamo anche far notare che trattasi di “emissari artificiali”, ovvero di condotte completamente realizzate a mano in epoca romana per la sola uscita delle acque sorgive, emissari caratterizzati da dislivelli, pendenze, dimensioni delle volte e lunghezze adeguate alla conservazione o smaltimento delle acque nei laghi: ribadiamo che le acque utilizzate per questa ingegnosa gestione dei bacini erano in epoca romana, e lo sono rimaste per quasi due millenni, solo ed esclusivamente quelle delle sorgenti subacquee originate nei laghi.
É evidente che il recente fenomeno dell’abbassamento del livello dei laghi va ricondotto al depauperamento delle sorgenti, ovvero all’eccessivo prelievo dalle falde acquifere da cui derivano le stesse. La prima osservazione va fatta necessariamente per stigmatizzare la mancata razionalizzazione della captazione delle acque nelle falde profonde, l’assenza di una seria mappatura dei pozzi regolari e abusivi realizzati nel territorio circostante i laghi (il Parco dei Castelli Romani), l’assenza di una seria campagna di misure nel territorio del prelievo in atto, non teorico, oltre che per il mancato controllo dell’utilizzo e il conseguente spreco delle acque sorgive, che ricordiamo essere di elevata qualità e dalle caratteristiche geochimiche uniche. Una seconda osservazione va fatta proprio sulle modalità da porre in atto urgentemente per la riduzione del prelievo dalle falde: infatti, ad una prima azione per dare un limite al prelievo dei pozzi regolari e chiudere i pozzi abusivi, cosa che già rappresenta un primo passo per il ripristino delle condizioni originarie delle sorgenti localizzate nei laghi, deve necessariamente corrispondere un’operazione per il riequilibrio dei fabbisogni di acqua dell’intero Parco dei Castelli Romani, argomento di stretta attualità e fortemente connesso con quello del prelievo dalle falde acquifere. In altre parole, se in fondo ai laghi diminuisce la portata delle sorgenti, ma non si fa nulla per contrastare il prelievo dalle falde acquifere, nel frattempo si lascia aumentare l’urbanizzazione, ovvero il fabbisogno di acqua e, paradossalmente, si aggiunge acqua estranea nei laghi, addirittura derivante dal mare o dal Tevere, non si fa altro che affrontare il dissesto idrogeologico delle falde acquifere nel peggiore dei modi possibili: un ciclo vizioso che porterebbe in poco tempo al completo ricambio delle acque sorgive con acque di riporto, con conseguenze inimmaginabili per la fauna ittica, le coltivazioni e l’ambiente in generale. Al contrario, vale una proposta di un piano per il riassetto idraulico dell’intera area del Parco dei Castelli Romani, che da una parte riduca il prelievo e dall’altra dia nuovi approvvigionamenti agli esistenti acquedotti (magari proprio con l’adduzione di acque purificate dal mare o dal Tevere). Solo ed esclusivamente in quest’ottica condividiamo la realizzazione di idonee infrastrutture idrauliche per la potabilizzazione dell’acqua del mare o del Tevere (da analizzare quale soluzione con migliore rapporto costo/efficacia), da rendere disponibile per il reintegro del crescente fabbisogno idrico del territorio dei Castelli Romani. Per quel che riguarda gli impatti sul territorio – aggiunge il ordinatore di Eurota per i Castelli Romani - ricordiamo essere quello del Parco dei Castelli Romani, normato e sotto la giurisdizione di svariate leggi regionali e nazionali, tutte saldamente indirizzate alla tutela dell’integrità del patrimonio naturale e storico, e a contribuire al riequilibrio territoriale e allo sviluppo socio-economico delle popolazioni interessate. Appare quanto mai singolare (sia come tempistica che in relazione all’incarico di assessore con delega ai lavori pubblici già rivestito dall’ing. Caporicci nel Comune di Nemi che professionisti che operano sul territorio si dimostrino così proattivi verso un siffatto scempio del patrimonio (cementificazione degli emissari, cementificazione per la creazione di laghetti, altro cemento per gli impianti idraulici e energetici).  Stupisce ancora di più il comportamento accondiscendente di un Sindaco, quello di Castel Gandolfo che, anziché farsi garante delle direttive di legge, oltre al ruolo che lo stesso Ente Parco assegna a tutti i sindaci delle città del Parco proprio per una continua e equilibrata vigilanza, partecipa con silente adesione al farneticante progetto.
In ultimo, ma non per importanza, rileviamo nelle parole e nelle intenzioni dei professionisti un profondo disinteresse per il patrimonio storico-culturale che caratterizza tutto il territorio coinvolto nel progetto, in particolare per le opere di epoca romana: se da una parte assistiamo a numerosi tentativi di recupero e rilancio turistico da parte di varie organizzazioni dedite alla conservazione del patrimonio archeologico, speleologico e ambientale, nel progetto riconosciamo intenti opposti che possono compromettere in parte o del tutto il lavoro di conservazione condotto finora con fatica dal pubblico e dal privato: paradossalmente é preferibile lo stato di abbandono in cui versano le opere romane, in attesa di una sana e concreta operazione di recupero che ne valorizzi la storia e il valore culturale, piuttosto che vederle cementificare da speculazioni occasionali e/o organizzate. Ribadiamo la nostra totale distanza dalle intenzioni manifestate nell’articolo e espresse dai professionisti e dal Sindaco di Castel Gandolfo. Rileviamo tuttavia l’urgenza di dare risposta al grave problema del dissesto idrogeologico del territorio dei Castelli Romani – conclude Dalessandro - in cui la riduzione del livello delle acque dei laghi è solo una delle manifestazioni del grave problema che, purtroppo, verrebbe solo aggravato se venisse dato seguito allo scellerato progetto. Anche se dai banchi dell’opposizione, ce ne faremo carico promuovendo tavoli di concertazione con gli addetti ai lavori della Provincia di Roma, della Regione Lazio, delle municipalizzate di riferimento e dell’Ordine dei Geologi del Lazio, per focalizzare le tematiche e trovare insieme le possibili e definitive soluzioni alternative.

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