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martedì 3 luglio 2012

LATINA: LA PRESENTAZIONE DI VALORE COMUNE - La Redazione


Si è definito come un “Laboratorio per un libero movimento politico” rivolto a chiunque - associazioni, individui, gruppi - si riconosca nell’esigenza di una profonda rigenerazione della politica; a chi ritiene che, non la politica, ma proprio la sua degenerazione abbia portato il paese sull’orlo del fallimento e sia responsabile di una crisi che sta impoverendo cittadini, famiglie e imprese, che sta togliendo dignità e speranza a tutti e, ciò che è più grave, alle giovani generazioni; a chi crede che una politica incapace di pensare sia anche incapace di governare, e che l’intero sistema dei partiti in Italia sia entrato in una crisi senza uscita. “Valore Comune” individua nella consuetudine clientelare e nella gestione del potere fine a se stesso il virus che ha minato il sistema dei partiti nel nostro Paese. Non c’è moralismo in questa analisi ma solo la convinzione che la degenerazione della politica sia il frutto di una distorsione del consenso democratico.
Nomine, Lobbies, clientele e padrinaggi vari, bloccano il sistema democratico, tolgono ai cittadini la libertà dei propri diritti ed ai rappresentanti politici l’interesse e la capacità di pensare e di agire per il bene comune. Questo processo di decadenza della politica non è una novità per il Paese, ma è giunto ormai ad un punto di non ritorno e spiega la crisi allarmante della nostra economia e della nostra vita nazionale. Nella storia della Repubblica questo processo è stato prima denunciato politicamente, anche in nome delle ideologie allora vigenti, poi sollecitando un pericoloso populismo, infine ha dato origine ad una forma di indignazione senza quartiere che ha prodotto la cosiddetta antipolitica, che si esprime anche con il più basso livello di fiducia e di consenso dell’elettorato nei confronti dei rappresentanti istituzionali mai registrato finora. “Valore Comune” crede, viceversa, che la Politica vada ripristinata come spazio per l’impegno civile, come luogo di risoluzione dei problemi comuni, come pensiero della vita delle comunità, come difesa della libertà e dei diritti di ciascuno. Per fare questo essa deve essere liberata dalla malattia che l’ha annichilita e che l’ha trasformata da risoluzione dei problemi a problema essa stessa per la vita democratica. La trasformazione deve essere profonda e strutturale, una rivoluzione culturale che si sintetizza, appunto, nel ritorno alla Politica. E nella liberazione dal penoso teatro delle marionette in cui si è trasformato il governo dei territori e dei partiti. Come si può sperare in qualcosa quando si legge di Sindaci dimissionari che fanno i misteriosi e si definiscono ostaggi di manovre oscure che viceversa avrebbero il dovere di denunciare apertamente e che tutti hanno il diritto e l’urgenza di conoscere, come nel caso di Sabaudia? O quando la stampa ci informa che, in piena crisi economica, l’approvazione del bilancio nel capoluogo è subordinata ai veti incrociati per la soddisfazione clientelare di un certo numero di consiglieri comunali in ordine alle protezioni negli uffici dell’amministrazione comunale di loro amici e amiche, oppure quando si legge, ancora, che il segretario provinciale di un partito in decadenza - che proprio non ce la fa a celebrare uno straccio di congresso - minaccia recriminazioni a un membro dello stesso partito se per caso a questo venisse in testa di avanzare una sua candidatura alle elezioni politiche? O dello scambio di insulti tra sindaco ed ex sindaco circa i reciproci protettorati clientelari, a Cisterna, e infine della guerra insensata tra alleati al consiglio comunale di Formia? In questo trionfo di miserie che sarebbero ridicole se non avessero conseguenze drammatiche – basterebbe ricordare che in questi mesi migliaia di partite iva di aziende del nostro territorio sono state chiuse per cessata attività - non c’è da meravigliarsi se i rappresentanti parlamentari, in primis, e poi regionali, provinciali e comunali, si ritrovano un bel giorno di fronte alla sorpresa di un progetto del governo, nientemeno che per fondere le province di Latina e Frosinone, come se non ne avessero mai sentito parlare e non sapendo fare altro che tentare di salvare il salvabile. Ovvero resistendo per il mantenimento delle cose come stanno, e contraddicendo platealmente le posizioni dei loro leaders nazionali. È certamente il frutto di una confusione mentale preoccupante la proposta di risolvere la questione della abolizione delle Province, che si è fatta spazio nel dibattito politico da qualche anno a questa parte e che avrebbe la scopo di ridurre la spesa pubblica e semplificare il sistema, con la trovata di ridurne il numero praticando degli accorpamenti. È facile intuire il risultato: la spesa non si ridurrebbe se non forse di poco, i centri di potere che si verrebbero a creare sbilancerebbero il rapporto con le regioni favorendo, se ancora ce ne fosse bisogno, il blocco delle decisioni, si innescherebbero conflitti destinati a durare in eterno per il primato o per l’autonomia delle aree geografiche, tra le popolazioni frustrate nella loro identità. Un pasticcio che è l’esatto contrario di un atto di governo sensato. Se le Province - enti ibridi che non hanno mai avuto nel nostro paese il significato di rappresentanza di una popolazione, l’autonomia e l’identità dei comuni, e il cui ambito si è sovrapposto alle Prefetture nate per dare una articolazione allo Stato unitario sul modello francese – vengono riconosciute come inutili e costose, vanno abolite! Pensare agli accorpamenti dando inizio a una infinita battaglia dei numeri e ad una guerra per il potere è una pericolosa scempiaggine che la politica ha il dovere di evitare. Valore Comune nasce per riaprire il dibattito sui temi urgenti del nostro territorio: dalle infrastrutture, alla sanità, ai servizi necessari, alle criticità ambientali e sociali, all’economia delle nostre imprese. Sulle risposte da dare ai problemi secondo un metodo che vuole privilegiare la conoscenza dei dati oggettivi, le competenze e la partecipazione civile più allargata,che è la base indispensabile per il rinnovamento della politica.

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