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mercoledì 8 febbraio 2012

MUSICA: PAOLO BENVEGNU’ E LA STORIA DELLA CONDIVISIONE DI UN'IDEA - di Giancarlo Montoni

Paolo Benvegnù non ha bisogno di particolari presentazioni o introduzioni . E’ uno dei personaggi principali nel mondo della musica indipendente sia dal punto di vista, “quantitativo che qualitativo”. E’ un musicista. Un autore, ma anche un produttore, un artista completo e, si, raffinato che con la sua band, “I Paolo Benvegnù”, ha raggiunto la completa maturazione. In Hermann, uscito nel Febbraio dello scorso anno, questa maturazione emerge in maniera evidente.
Si percepisce il senso di collettività compositiva e si riesce a comprendere appieno il punto di vista anticipato dal titolo e dalla copertina dell’album. Un punto di vista che non è il punto di vista comune e, forse non è neanche un unico punto di vista, ma questo disco, che è un concept, riesce a raccontarci una storia e a darci una testimonianza, invitandoci poi a spunti e a riflessioni che vanno oltre lo stesso narrato. Numerose riflessioni, connessioni illimitate possono condurci in un tessuto di continui rimandi. Nella nostra intervista non abbiamo parlato di tutto, non per mancanza di tempo o spazio. E’ una scelta voluta. Invito tutti ad ascoltare l’album, disponibile anche in versione liquida su iTunes, e a trovare gli snodi sinaptici che ne compongono la tessitura. Vi invito a guardare la copertina dell’album, a ragionare sul titolo e sui molteplici riferimenti temporali presenti nell’opera. Vi renderete conto, una volta di più, che vale la pena ricercare, attivare il nostro gusto per l’arte e che non ci si può fermare a quello che la TV o le radio ci propongono. Ho contattato Paolo Benvegnù, un Venerdì mattina, una conversazione che mi ha fatto conoscere una persona con cui sapevo di avere molte idee comuni.

Gli Scisma, Paolo Benvegnù, I Paolo Benvegnù. Hermann oltre a essere un punto di arrivo naturale di questo percorso, a vederlo ora, appare come un approdo necessario. La necessità di cui parlo è la necessità della completezza. Prima eri il cantante di un gruppo, con gli Scisma, poi c’è stato un percorso e ora sei di nuovo il cantante di un gruppo, ma in modo diverso. 

"Decisamente si. Finalmente, sono riuscito a fare un disco con altre persone. Lo sai meglio di me, ogni persona tende a controllare e con gli Scisma ero un bieco controllore. Da questo punto di vista c’è stata una evoluzione. I componenti degli Scisma erano straordinari, ma non lo ero io. Ora ho altre convinzioni. Il controllo dell’ idea è un errore. L’idea non è di nessuno. Noi possiamo solo sfiorarla toccarla, plasmarla. Ora suono con un gruppo di cialtroni e io sono il peggiore. Io voglio scrivere questo tipo di brani, quelli che ho scritto in Hermann. Ora sono in difficoltà: Cosa scriverò nel prossimo disco?".

Hermann è un album completo, equilibrato. Il filo conduttore è la vita di un uomo e dell’uomo raccontata a partire dal mito. Il titolo annuncia quello di cui si vuole parlare e le premesse sono mantenute a partire dalla copertina.

"Innanzi tutto mi sono accorto che l’unico rammarico che ho è che, per molto tempo, sono stato disattento come un naufrago che cercava solo di galleggiare; non mi sono fermato a pensare. Ho commesso errori in maniera disattenta e non me li sono goduti. Ogni uomo è un avvisatore dell’altro. Ogni storia porta tantissime informazioni. Occorre capire l’uomo in maniera più intensa per raccontarlo agli altri. Mentre lo facevamo pensavamo non potesse interessare. La copertina è stata curata da Mauro Talamonti e Francesco Prosperi, io non li controllo sono persone straordinarie dal punto di vista dell’idea. Sono al servizio di ciò che pensiamo. Se devo andare in profondità, l’idea era di mostrare a noi stessi di aver capito l’assurdità dell’onnipotenza e l’abbiamo fatto in maniera semplice".

L’uomo raccontato in Hermann è un uomo legato al passato, al ricordo. “I ricordi che bruciano in petto”(Avanzate e ascoltate); “Il sogno in fondo all’anima che mi parla, che mi spinge a non cadere e non dimentica” Io ho visto”) e ancora Il passato non si dimentica, ma si domina con la masticazione”(Good morning Mr.M onroe). Cos’è il ricordo per l’uomo, per l’umanità in genere? "E’ lo stesso concetto presente in Platone: “Conoscere come ricordare”?

Si nonostante i cambiamenti anche sociologici e di prospettive gli uomini hanno gli stessi problemi: la solitudine, ricerca di interlocutori. In questo momento storico si riesce a mangiare e ci si annoia. Se si pensa che Dio abbia inventato soltanto noi si commette un errore presuntuoso. Dio per me non esiste, credo ci sia in tutto ciò che vediamo e non vediamo qualcosa di trascendente. Se è vero che l’uomo è desiderio per me la causa scatenante è la noia. Quando il desiderio viene esaudito si va in crisi. Perfino i predatori più aggressivi si fermano quando non hanno più fame. L’uomo è l’unico animale che mangia col “cranio”".

Il ricordo in “Io ho visto” è il ricordo legato al sogno. E qui viene da pensare ad” Armstrong”; Il sogno, quello della luna, concretizzato dall’orma di un piede umano che fa perdere la poetica del desiderio, la perdita, dunque, del senso del sacro.

"In Armstrong c’era il sogno del poeta distrutto dalla distanza coperta con la tecnologia e la volontà di controllo. In Hermann ci sono anche altre cose. Ad esempio c’è la consapevolezza che in ognuno di noi esiste qualsiasi cosa. La verità non esiste. Bene e male non esistono. Il peggiore criminale non è peggio del miglior mistico: hanno la stessa determinazione."

La donna e il femminile. Il rapporto uomo\donna. Nel testo di” Andromeda Maria” si legge:” Io sono l’invenzione che salva e ti sfugge, tu sei le armi che ti porti sui fianchi”, ma soprattutto “ io sono sacra, nascondo il mistero…sono miele nella vita e ti seguo per accogliere il padre, il guerriero e l’avaro e l’assassino e la madre che è in ogni bambino” Insomma una netta preferenza espressa verso il femminile. 

"Decisamente. Qualsiasi nostro slancio, anche il più folle di amore verso l’umanità di un uomo ha un limite anche di invidia. Noi possiamo creare qualsiasi cosa, ma le donne creano la vita. Non siamo uguali per consapevolezza. A 9\10 anni una donna può già creare, è già completa. Un senso di completezza che gli uomini non hanno. Siamo inseminatori. Da una donna ci si può aspettare la nascita di un bambino, da un uomo la guerra mondiale. Creare non è sempre positivo, penso alla sofferenza che si prova nel generare un figlio. Questo è il vero mistero. i cattolici hanno aggiunto un dogma al mistero. Ci dovremmo ricordare di queste cose. Ho conosciuto delle donne che sono peggio degli uomini. ma l’umanità si deve rendere conto che far comandare una donna può garantire un futuro migliore".

Veniamo, ora, al tema dell’amore a cui in Hermann viene riservato il titolo del brano che si prende l’impegno di lanciare un messaggio universale: “Love is talking” . L’amore in Hermann non è più quello verso qualcosa o qualcuno. E’ l’amore, come tu stesso lo hai definito, a-mors, ma è anche quello celato dietro ai nomi delle cose, quello definito precisamente da Eco nel finale de “Il nome della rosa” che è poi quello che viene codificato dal percorso lineare che parte da Platone e che, passando per Plotino, ci porta direttamente ad Agostino.

 A questo punto gioco a carte scoperte con te. La solitudine è solo una nostra invenzione. Tutto ci parla. Io spesso mi fermo a cercare qualcosa che c’è in tutto. È un senso dell’amore disperato ed è incredibile che noi non riusciamo a vederlo. Gli uomini dovrebbero lottare per sopravvivere toccando il meno possibile. Capisco la depressione e il senso di sentirsi soli, ma tutto intorno a noi ci parla del contrario. Bisogna muoversi per vedere queste cose. Non a caso per questa fase storica si parla di un momento senza futuro. È l’orizzonte interiore che non riusciamo più a scoprire. C’è un grande tentativo di raggiungere il potere che ci fa dimenticare il senso della vita. Delle volte guardiamo un cane e diciamo che faremmo di tutto per fare la vita che fa lui. Ecco possiamo farla anche noi quella vita e dovremmo viverla e smetterla di rompere i coglioni ai cani".

Veniamo a un tema ricorrente nelle tue composizioni: il mare. Il mare di Hermann non è il mare di” cerchi nell’acqua”, cerchi che non sanno nuotare e si infrangono. Quello era il mare del naufragio. Questo è, invece, “il mare scritto dagli uomini”. Ho ascoltato Hermann e ho pensato a Herman Melville, più precisamente a ”Moby Dick”. L’ho letto molto tempo fa e sono rimasto impietrito quando ho letto l’incipit:”Chiamatemi Ismaele”. Un’opera che tratta temi altissimi con una semplicità indicibile; un po’ la stessa semplicità che si trova nei temi musicali di Hermann. Il mare di ” Moby Dick” è il mare interiore, quello con cui confrontarsi. E’ lo stesso mare raccontato in Hermann, quel mare che rappresenta la storia (sublime e atroce, chi ha letto Melville può capire meglio) che nell’album è sempre messo in parallelo con l’Universo che rappresenta invece il sogno, il desiderio (molteplici i riferimenti “navi senza vento nell'oceano senza fine chiedono alle stelle di trovare posizione navi senza vento nell'oceano senza fine chiedono alle stelle di tornare a navigare” Avanzate e ascoltate, ma anche il titolo di uno dei brani del disco, “Achab in New York”)

"Hai colto pienamente, mentre stavamo registrando ho riletto” Moby Dick” e me la sono goduta. Eravamo in Slovenia e nelle ore di riposo l’ho letto tutto non dormendo mai… una lettura illuminante. Se riprendi in mano i capisaldi 3\4 anni dopo hanno un altro valore. In questo c’è la grandezza. Cosa ho trovato di nuovo in Moby Dick: può sembrare un racconto, ma la vera presunzione e possibilità di chi si imbatte nella scrittura, sta nel creare scenari futuri.. Noi presuntuosamente abbiamo cercato di fare la stessa cosa. Abbiamo cercato la divinazione. Moby Dick sarà ancora più attuale tra 50 anni quando questo mondo sarà tritato dalle multinazionali. Ci potrebbe salvare il tornare alla vita sobria, mi auguro di non che si possa raggiungere un altro stato attraverso la comprensione. Ora esiste il limite del territorio, ma questa idea verrà scacciata".

Un altro tema ricorrente nell’album è il rapporto luce\tenebra e proprio le tenebre nascondono gli errori. L’uomo, in sostanza, ha bisogno di celare i propri errori anche a sé stesso, per questo per raccontare la storia dell’essere umano nel profondo si deve affrontare questa tematica?

"La paura sana è quella che si prova quando si entra in un bosco alle 4 di mattina. A me è capitato. Mi si e fermata la macchina. La paura del rumore che è una cosa innata è sana. Noi siamo abituati a vedere tutto e il non visibile ci spaventa. E’ raro incontrare uomini che ammettono errori, anche immotivati, e che si prendono le loro responsabilità. Noi creiamo cortine fumogene. In particolare in questi anni. Tutto viene coperto dalla seduzione. Se hai un fare accattivante riesci ad averla vinta. Insomma: la sindrome di “Casanova”. La tenebra sana è quella del bosco. Quella è la paura che dovremmo trovare. Non quella di non essere all’altezza o di perdere il lavoro. Certo mi rendo conto che perdere oggi il lavoro può essere un dramma, ma se riuscissimo ad avere come piede di tutto il miracolo di ciò che ci capita potremmo capire il senso vero delle cose".

Mi hanno sempre colpito, nei tuoi testi, le sinestesie, le mescolanze di percezioni sensoriali. “ La luce invisibile da succhiare” di “ Cerchi nell’acqua” oppure “Immenso, assordante, accecante silenzio” di “ Io ho visto”( che assomiglia molto al dantesco “chi per lungo silenzio parea fioco” ) e ancora, “la luce che cancella il rumore” di “Sartre monstre”.

"Per me, ovviamente, tutto ha a che fare con la meraviglia e con lo stupore e per questo mi sento un disadattato. Ti spiego il perché di questa cosa. Se sei una persona che si stupisce in questa società sei un disadattato. La mia massima felicità è prendere un libro e perdermi. Questo ti fa stare fuori dalla logica della lotta delle posizioni . Ci sono persone, le anime arrese, che nonostante tentativi di condurre una vita corretta, sono grevi. Sento un grande strepitio seguito dalla consapevolezza. Quando finisce la forza per strepitare c’è un silenzio assordante, arreso. Parlo di quel tipo di silenzio. Lo vedo nelle manifestazioni di ogni persona. Così la luce ovvero il senso del vivere. E’ impossibile non fare il parallelismo con il nutrimento del neonato. A qualcuno basta succhiare e poi comincia a creare nutrimento e a qualcuno non basta mai. Per me tra le poche parole terribili dopo” guerra” ci sono economia e commercio. Sono sempre dubbioso quando mi trovo davanti a chi si occupa di economia e commercio."

Comunicare, veicolare un messaggio è inevitabile e anche indispensabile. Questo messaggio deve essere comprensibile oppure si può dire qualcosa per il solo gusto di dirla lasciando liberi i destinatari di interpretare?

"Una bella diatriba. Mi piace molto quando non vengo indottrinato in maniera specifica. Mi piace avere possibilità di interpretazione. Ho visto “Shame”. In questo film tutto è spiegato in maniera documentaristica però lascia un grosso spazio all’interpretazione . Si cammina su un sottilissimo confine. Lo rapporto a “Melancholia” dove invece ci sono molti segnali in più. Se metti molti segnali in più hai già un percorso da seguire. “Shame” è una ricostruzione casuale nella quale tu puoi dire di tutto. Credo che dare delle tessere di un mosaico sia molto importante, anche se la vita è più vicina alla vicenda di “Shame”".

Ci stiamo occupando di musica indipendente. Nella nostra rubrica abbiamo ospitato gli Offlaga Disco Pax, I Virginiana Miller, i Perturbazione, c’è qualcosa, attualmente, che reputi interessante? Tu sei anche un produttore, ti pare ci sia fermento o siamo in una fase poco produttiva?

"Ancora meglio ora che negli anni ‘90. C’è un fermento incredibile. In Italia ci sono tantissimi progetti veri. E un peccato essere cosi tanto colonizzati. Siamo i primi noi a non voler estendere questo tipo di espressioni. Gli Offlaga Disco Pax hanno avuto un’ intuizione geniale. Mescolare per certi versi recitati a una base musicale è stato geniale. Quasi come fare reportage giornalistici con i musicisti. Di recente ho visto “ Io sono un cane” e lui ha delle belle idee, e ti sto dicendo le cose più evidenti. Mi e piaciuto il senso di Brunori di fare vedere le cose. E’ un peccato che noi italiani non riusciamo a capire quanto è importante il nostro linguaggio. Io spero che qualche inglese un giorno riesca a scoprire Gaber, anche lui un avvisatore. La letteratura da delle chances in più. Dobbiamo trovare qualcuno che faccia in modo che questo tipo di musica venga portato verso l’esterno. Io sono un vecchio dinosauro che non fa lotte. Da un lato c’è fermento dall’altro queste intuizioni non riescono a trovare spazio e mi dispiace. 

Questa sorta di isolamento non può essere anche il punto di forza della musica indipendente? Essere svincolata dai grandi guadagni può anche favorire la qualità. 

Da un lato è un punto a favore, si procede per cercare spazio, dopo un po’, però, questo propellente deve tornare nella ionosfera. Tutti questi artisti il propellente ce l’hanno nel sedere. Ingombrano spazio di tutti. Penso ad esempio a Venditti e Celentano. Nonostante la notorietà infinita stanno ancora lì a rosicare e poi la gente ti abbandona. E’ vero che quando hai dato molto cerchi di fare le cose che di danno sicurezza. Il cercare spazio fa bene e gli uomini tornano sempre a quello. Questa cosa, però, deve finire. Capisco ma non approvo. Ci sono tanti progetti anche tra ragazzi molto giovani".

All’inizio della nostra intervista hai detto di essere in crisi, ci hai detto che ti stai chiedendo cosa potrai scrivere ora, ma tu hai già un progetto in testa…..

"Il progetto ce l’ho nella testa, ma ovviamente avrei bisogno di un vuoto vero. Di stare lontano da tutto e di non fare nient’altro che guardare e vivere normalmente come le persone della mia età che non hanno ambizioni sessuali . io mi ritengo un settantacinquenne. Però devo lavorare ogni giorno facendo il produttore e continuando a operare in questo ambito. Avrei voglia di non fare un cazzo per tre mesi. Penso che lo farò. Se riesci a fare una cosa del genere poi ritorni veramente". 

I PAOLO BENVEGNÙ SONO:

LUCA BALDINI - BASSO
ANDREA FRANCHI - BATTERIA,CHITARRE, SYNTH, PIANOFORTE
GUGLIELMO RIDOLFO GAGLIANO - CHITARRE, SYNTH,PIANOFORTE
MICHELE PAZZAGLIA - CRAKLE-BOX, SUOND ENGINEER
PAOLO BENVEGNÙ - VOCE

Link youtube: Brani da Hermann

Good morning, mr. monroe!


Love is talking




e il link a “Cerchi nell’acqua”, tratto da “Piccoli fragilissimi film”(2004), primo album di Paolo Benvegnù dopo lo scioglimento degli “Scisma”:


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