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lunedì 17 ottobre 2011

IRENE NEMIROVSKY E IL BRUCIANTE SENTIERO DE "IL SIGNORE DELLE ANIME" - di Carla Righetti


«Sorrisero. Si capivano al volo. Erano uniti, corpo e anima, dall’amore, ma non solo: essendo nati nel medesimo porto della Crimea, parlando la medesima lingua, si sentivano anche fratelli; avevano bevuto alla stessa fonte, diviso lo stesso pane amaro» (p. 24).


Non è possibile fare una recensione obiettiva di un libro come Il signore della anime. Il lettore ci perdonerà la mancata imparzialità e il solito equilibrio di fronte alle opere letterarie presentate nella nostra Rubrica, se e soltanto se avrà letto l’ultimo romanzo di Irène Némirovsky pubblicato dalla Adelphi. Ci viene presentato uno scritto crudo e affilato, difficile e che può non piacere a tutti in quel sottofondo perennemente devastato e devastante di vite incise nel bisogno e nella fame di un riscatto, che nel lettore lascia una sensazione di freddezza e di bruciore, da neve troppo gelida sui palmi delle mani e bruciante di quel gelo rinforzato dal protrarsi dell’inverno.


Di Iréne Némirovsky sarebbe possibile fare una lunga presentazione, per impastoiarsi, subito, nel dibattito intorno agli ebrei e alla loro integrazione e mancata integrazione nell’epoca delle deportazioni e dei Campi di sterminio, dove vide la propria fine la Némirovsky stessa, assieme a suo marito, convinta che la ricchezza l’avrebbe salvata dalla furia nazista. Il signore delle anime viene pubblicato a puntate su Gringoire tra Maggio e Agosto del 1939, precede l’altro grande romanzo della scrittrice nata a Kiev, I cani e i lupi, gli è affine per il tentativo di passare dall’altra parte della barricata tra miseria e agio, di insediarsi in altra gente, in altri luoghi, di trovare un posto per se stessi pur nella maledizione di non potersi mai liberare di se stessi e delle proprie origini.

Il signore delle anime è la storia di un giovane medico, Dario Afar, che studia in Occidenta e in Occidente cerca di affermarsi, sostenuto e amato dalla propria donna, Clara, che vede il primo bambino morire di stenti, fedele al proprio uomo anche nel male, figura commovente e meravigliosa di una donna che dello sposo ha fatto tutto il proprio mondo, figura di moglie dolcemente impeccabile, fedele a se stessa e al proprio sentimento anche quando, diventati ormai ricchi, Dario continua ad indebitarsi per mantenersi il vizio delle donne. Il romanzo tratta dell’inganno e del crimine dal punto di vista dell’estrema necessità, di un desiderio più grande di qualunque regola, di chi conosce la fame e il freddo e il disprezzo degli altri e non ha avuto altra scelta, per sopravvivere in una società dura e refrattaria a qualunque cosa puzzi di miseria, che adattarsi e percorrere la strada più difficile, scegliendo un rimedio che è veleno al tempo stesso. Nell’enorme tensione emotiva, resa nella prosa cristallina e affilata di una grande scrittrice e osservatrice del mondo, altri personaggi emergono nei loro punti di forza e nelle loro miserie, dipingendo a tutto tondo un affresco romanzato di una Parigi intensa, intensissima, vissuta attraverso personaggi sempre segnati nelle viscere dalle mancanze e dai vuoti da compensare, sull’onda delle mode e nell’abisso delle verità eterne sul cuore dell’uomo, parafrasi senza consolazione di emozioni e sentimenti che trascinano il lettore in una realtà più luminosa e intensa di quella quotidiana, vissuta con una passione bruciante raggelata dall’ombra di un male profondo, seducente, condannabile e detestabile, materiale stesso di cui è fatto il perdono, la capacità di comprendere i lacci del destino e la loro dura morsa sull’uomo che cerca una felicità per se stesso e per le persone che ama, laddove anche l’amore riesce a rovesciarsi in odio e l’affetto tra figlio e genitore può volgersi in spina dolorosa, laddove un uomo può trovare una donna di condizione sociale ed economica così più elevata della sua da idolatrarla come una creatura celeste, pura, monda dal lordume della sofferenza per una miseria troppo grande da spiegare, impossibile da rendere, di fronte a qualcuno che non ne è rimasto bruciato, marchiato a fuoco. Per poi comprendere, il lettore, che non esiste una purezza, che ogni purezza e candore completi sono l’illusione del personaggio e non dello scrittore, che la bellezza si annida nei posti più impensati e che lo stereotipo intorno all’ebreo, intorno ai ricchi e ai poveri, può essere ripreso e portato a livelli di alta densità emotiva e mentale, per essere illuminato in controluce e mostrare, crudamente, la grandezza e la miseria di cui sono fatti il cuore umano.

« “Taci, Dario! Parli contro il tuo cuore, contro la tua vera natura! Non eri così, un tempo! Che cosa è successo?”
“Ho vissuto” sospirò lui» (p. 168).


Titolo: Il signore delle anime.
Autore: Irène Némirovsky.
Editore: Adelphi.
Pagine: 233.
Prezzo: €  18,00.

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