Se il primo maggio 2010 ci avessero raccontato che Francesca Schiavone sarebbe andata due volte in una qualsiasi finale Slam, ne avesse vinta una e persa l’altra, year by year, non ci avremmo mai creduto.
La storia della “leonessa”, questo è il soprannome della tennista milanese, è affogata per anni sull’equivoco di un soprannome sopra le righe, perché la Schiavone è stata una lottatrice vera, soprattutto in Federation Cup, la Coppa Davis delle donne, vinta dall’Italia per ben 3 volte negli ultimi anni. Negli Slam è stata spesso di una continuità ammirevole, ma le era sempre mancato il guizzo al momento giusto.
Una delle poche tenniste donne nella storia del tennis italiano capace di raggiungere in carriera i quarti di finale nei 4 Slam, quindi su ogni superficie (terra, cemento ed erba). Nell’autunno del 2009, con la prestigiosa vittoria nel torneo di Mosca, ha cambiato marcia, e non è stato solo per l’allontanarsi dal tennis per alterne vicende delle varie: Serena, Venus Williams e Justine Henin, ma Francesca ha cominciato a tener fede al suo soprannome di battaglia sui campi da tennis, con una maturità mentale che le era stata sconosciuta nei tornei che contano del circuito Wta.
La storia della “leonessa”, questo è il soprannome della tennista milanese, è affogata per anni sull’equivoco di un soprannome sopra le righe, perché la Schiavone è stata una lottatrice vera, soprattutto in Federation Cup, la Coppa Davis delle donne, vinta dall’Italia per ben 3 volte negli ultimi anni. Negli Slam è stata spesso di una continuità ammirevole, ma le era sempre mancato il guizzo al momento giusto.
Una delle poche tenniste donne nella storia del tennis italiano capace di raggiungere in carriera i quarti di finale nei 4 Slam, quindi su ogni superficie (terra, cemento ed erba). Nell’autunno del 2009, con la prestigiosa vittoria nel torneo di Mosca, ha cambiato marcia, e non è stato solo per l’allontanarsi dal tennis per alterne vicende delle varie: Serena, Venus Williams e Justine Henin, ma Francesca ha cominciato a tener fede al suo soprannome di battaglia sui campi da tennis, con una maturità mentale che le era stata sconosciuta nei tornei che contano del circuito Wta.
Le cavalcate parigine del 2010 e 2011 sono state impressionanti per le avversarie sconfitte, lo scorso anno stracciata la futura numero uno al mondo Caroline Wozniacki, quest’anno battuta una califfa della terra rossa come Jelena Jankovic, certo non la Jelena capace di vincere più volte al Foro Italico, ma pur sempre un test severo anche a Parigi, per lei spesso foriero di delusioni, visto che il Roland Garros è un sogno che ogni anno si allontana trasformandosi in chimera ed ossessione.
Tornando a Francesca, in questo biennio ha impressionato per maturità e costanza ad alto livello, una tranche agonistica particolare, quasi un sacro fuoco, che l’anno scorso le ha permesso di regolare, una dopo l’altra, dal terzo turno in poi: Na Li e Kirilenko, Caroline Wozniacki, Elena Dementieva e Sam Stosur, non giocatrici qualunque, soprattutto sulla superficie parigina.
Quest’anno il sacro fuoco si è visto subito, non era la Schiavone deluxe 2010, qualcosa di meno, ma con la maturità “di chi sa come si fa”:
un annata non trascendentale quella trascorsa, al di là del bel quarto a Wimbledon 2010, tante, troppe sconfitte, per una novella top 5 Wta, un Roland Garros 2011 cominciato in salita, ma forse ancora più bello, perché la pressione della “defending champion” c’era tutta.
Regolate facilmente ai primi turni Ouden, Dolonts e Peng, dopo Jelena e Anastasia Pavlyuchenkova al terzo ed in rimonta, dimostrando che era possibile sfruttare un tabellone favorevole con l’attitudine mentale del 2010, sicuramente non la stessa forma psico-tecnica.
Un capolavoro la semifinale con la Bartolì, Schiavone favorita, per chi scrive favoritissima, visto che la francese Marion soffre particolarmente le italiane e la pressione, che in casa era enorme!
Una partita di alto livello, condotta in maniera esemplare con una lucidità disarmante da Francesca, una capacità di interpretare le pieghe tecniche del match, le problematiche del gioco “sparapalle” della francese, risolte usando il completo bagaglio tecnico della meneghina, variazioni di gioco, grande attenzione ad evitare l’errore non forzato, tante prime di servizio, che le hanno permesso spesso di prendere in mano lo scambio anche quando era lei al servizio.
Una vittoria “facile” nel punteggio, un doppio 6-3, ma appagante sul piano tecnico, forse una delle partite più belle dell’italiana in carriera, che probabilmente ha pagato in finale, che una settimana fa l’ha vista contrapposta a Na Li (Lina per Elena Pero, la giornalista di Sky, che gioca spesso sul fatto che in cinese si pronunci prima il cognome e poi in nome).
Insomma la “sora Lina” ha fatto quello che la Schiavone ha prodotto contro la Stosur, in finale 2010, un contrappasso quasi dantesco, una fame di vittoria, quasi atavica, ha contraddistinto la cinese, capace di raggiungere la finale anche agli Australian Open 2011, primo Slam dell’anno, persa contro Serena Williams.
Come Francesca 12 mesi fa, Na Li ha vinto con un servizio mortifero e foriero di tanti punti, gratis o quasi, un aggressività asfissiante che a tolto alla nostra, ogni velleità di vittoria o di girare davvero il match, sempre costantemente in mano alla cinese.
Tornando a Francesca, in questo biennio ha impressionato per maturità e costanza ad alto livello, una tranche agonistica particolare, quasi un sacro fuoco, che l’anno scorso le ha permesso di regolare, una dopo l’altra, dal terzo turno in poi: Na Li e Kirilenko, Caroline Wozniacki, Elena Dementieva e Sam Stosur, non giocatrici qualunque, soprattutto sulla superficie parigina.
Quest’anno il sacro fuoco si è visto subito, non era la Schiavone deluxe 2010, qualcosa di meno, ma con la maturità “di chi sa come si fa”:
un annata non trascendentale quella trascorsa, al di là del bel quarto a Wimbledon 2010, tante, troppe sconfitte, per una novella top 5 Wta, un Roland Garros 2011 cominciato in salita, ma forse ancora più bello, perché la pressione della “defending champion” c’era tutta.
Regolate facilmente ai primi turni Ouden, Dolonts e Peng, dopo Jelena e Anastasia Pavlyuchenkova al terzo ed in rimonta, dimostrando che era possibile sfruttare un tabellone favorevole con l’attitudine mentale del 2010, sicuramente non la stessa forma psico-tecnica.
Un capolavoro la semifinale con la Bartolì, Schiavone favorita, per chi scrive favoritissima, visto che la francese Marion soffre particolarmente le italiane e la pressione, che in casa era enorme!
Una partita di alto livello, condotta in maniera esemplare con una lucidità disarmante da Francesca, una capacità di interpretare le pieghe tecniche del match, le problematiche del gioco “sparapalle” della francese, risolte usando il completo bagaglio tecnico della meneghina, variazioni di gioco, grande attenzione ad evitare l’errore non forzato, tante prime di servizio, che le hanno permesso spesso di prendere in mano lo scambio anche quando era lei al servizio.
Una vittoria “facile” nel punteggio, un doppio 6-3, ma appagante sul piano tecnico, forse una delle partite più belle dell’italiana in carriera, che probabilmente ha pagato in finale, che una settimana fa l’ha vista contrapposta a Na Li (Lina per Elena Pero, la giornalista di Sky, che gioca spesso sul fatto che in cinese si pronunci prima il cognome e poi in nome).
Insomma la “sora Lina” ha fatto quello che la Schiavone ha prodotto contro la Stosur, in finale 2010, un contrappasso quasi dantesco, una fame di vittoria, quasi atavica, ha contraddistinto la cinese, capace di raggiungere la finale anche agli Australian Open 2011, primo Slam dell’anno, persa contro Serena Williams.
Come Francesca 12 mesi fa, Na Li ha vinto con un servizio mortifero e foriero di tanti punti, gratis o quasi, un aggressività asfissiante che a tolto alla nostra, ogni velleità di vittoria o di girare davvero il match, sempre costantemente in mano alla cinese.
Rimane il rimpianto di una querelle arbitrale nel dodicesimo gioco del secondo set, che a parer mio, grida vendetta, ma che non inficia l’altrui vittoria.
Diceva Piero Chiambretti in un Sanremo recente: “comunque vada sarà un successo”, lo è stato per davvero questo Roland Garros 2011 per la Schiavone, al di là di un bis mancato che fa rabbia, ma che non cancella il ricordo per una cavalcata indimenticabile, perché ripetuta a dodici mesi dal sogno realizzato la scorsa primavera, vincere il torneo di tennis sognato sin da piccola, quando muoveva i primi passi tennistici nel glorioso circolo Bonacorsa di Milano.
di Nicola Gallo.
Diceva Piero Chiambretti in un Sanremo recente: “comunque vada sarà un successo”, lo è stato per davvero questo Roland Garros 2011 per la Schiavone, al di là di un bis mancato che fa rabbia, ma che non cancella il ricordo per una cavalcata indimenticabile, perché ripetuta a dodici mesi dal sogno realizzato la scorsa primavera, vincere il torneo di tennis sognato sin da piccola, quando muoveva i primi passi tennistici nel glorioso circolo Bonacorsa di Milano.
di Nicola Gallo.
Nicola Gallo ci porta a Parigi, sulla terra rossa più infuocata d'Europa, per raccontarci il sogno svanito in finale di Francesca Schiavone, la "leonessa" meneghina che ha risollevato il tennis azzurro.
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