Amico lettore, complice lettore,
Io credo nei vampiri… Saggio pubblicato nel 1961, dalla Luciano Ferriani Editore. Divenuto impossibile reperire sul mercato, finchè nel 2009 non lo ha ristampato la Gargoyle Books (casa editrice romana che si sta occupando della narrativa horror e gotica). Scritto da Emilio de’ Rossignoli, autore non meno interessante del tema delle sue ricerche: giornalista, critico cinematografico, scrittore, “specialista dell’orrore” (tenne una rubrica su Horror, rivista debuttante nel 1971), esploratore del sottosuolo e delle stanze segrete di un mondo, per definizione, relegato nel mistero. I vampiri non amano parlare di sé (tranne quando iniziano a farlo nelle saghe turbolente e famose della Anne Rice, molto meglio riuscite nella pagina scritta che sul telo del cinema, nonostante il tentativo di coinvolgere bellocci di Hollywood di film A.D. 1994), tantomeno farlo di fronte ai mortali.
Il loro mondo è frutto e oggetto di passione per tanti lettori e cultori, ancora prima e al di là di quanto le mode dovute a pellicole cinematografiche per gli ignari si limitino a scatenare. Sia nel 1958 Chrostopher Lee che Robert Pattinson nel 2008 hanno incarnato sul grande schermo la figura del vampiro, in modi e dettagli differenti, dando avvio ai ritorni in gran gala di cui ogni tanto il culto del vampirismo (nelle sue forme più e meno acquarosate) soffre. Non certo la peggiore delle passioni – no, degna di omerica risata. Io credo nei vampiri ha il pregio di r i p u l i r e un po’ la mente di un lettore attento e curioso (fino alla febbre) dal brusio di certe derive un po’ monopolizzate dal marketing odierno, riportandolo alle radici storiche, culturali, mentali, emotive e pulsanti di quel che gli uomini hanno immaginato e persino vissuto del vampiro. E vivono, da sempre.
Niente metafore, niente sogni ad occhi aperti, per chi con Emilio de’ Rossignoli si immerge nella vasca di sangue torbida di una ricerca lunga e sfaccettata, che fruga in ogni aspetto possibile della vita vampirica, dalle etimologie alle lingue che le hanno condensate ai luoghi che hanno partorito nel terrore e nella fascinazione le storie e le memorie degli esseri esiliati dalla vita e dalla morte. Il cinema, la letteratura, le cronache, il crogiuolo europeo di un mito e di una tradizione, a declinarla nelle forme sublimi dei vampiri bellissimi e incoruttibili che, se temono la croce, non è per superstizioso potere del simbolo del martirio di Dio su di loro, ma per timore psicologico, per radici cristiane, per orrore nei confronti di una propria natura che, per dottrina cattolica, si vorrebbe corrotta e perduta per Dio e per l’inferno (cristiani che tentarono di combattere la credenza nei vampiri ma, proibendo la cremazione nei territori un tempo pagani, aprivano le porte a un nuovo incunearsi della loro sopravvivenza, nelle forme malefiche di demoni, succubi e incubi, di esseri né angelici né umani fatti a perdizione e tormento dell’uomo).
Se Jean Jacques Rousseau poteva scrivere s’il y eut monde une histoire garantie et prouvée, c’est celle del vampires, negli anni ’60 in Italia si avevano storie e luoghi comuni ma nessun testo. Lacuna cui Emilio volle porre rimedio, con Io credo nei vampiri che era anche lo smascheramento di quella credulità leggera e oziosa che fagocitavano i salotti sull’onda della moda. No, non poteva trattarsi solo di questo e, come tanti veri esploratori, de’ Rossignoli si mise alla caccia del vampiro, in testimonianze e testi, scartando le assurdità e scoprendo l’essenza del vampirismo. Libri come il Dictionnaire Infernal (1818, J. A. S. Collin de Plancy), Manuale degli esorcismi (1651, Padre Candido Brognolo), La scienza della vita finita e infinita (1888, Franz Hartmann), Philosophiae ed Christianae Cogitationes de Vampiriis (1773, Heremberg), Dissertations sur les apparitions des Esprits et sur les Vampires (1749, Don Auguste Calmet, tradotto nel 1756, in tempi brevissimi e da un Anonimo a Venezia, in italiano come Dissertazione sopra i vampiri o redivivi), sono solo alcuni dei testi che hanno martellato la vecchia Europa con cristallino suono, sottile eco, senza dimenticare che un fatto storico come la peste vampirica, che nel XVIII secolo arrivò a lambire la civile Vienna, dopo essere apparsi in forme epidemiche in Grecia, Austria, Jugoslavia, Francia, Inghilterra, Slovacchia.
Dove storia, cronaca, racconto, mito e superstizione si intrecciano in nidi d’argento di pensieri sottili come serpenti, l’istinto e la natura umana creano allucinazioni e verità che le fanno avere paura, la rendono cosciente, la spingono fuori di sé e poi di nuovo – da fuori – dentro di sé, a guardare il mondo e nel mondo parziali schegge del proprio essere, rivelazioni, simboli e sfide che la umiliano e l’esaltano. Tutto questo è il vampiro, il non morto, colui che secondo una tradizione è frutto del seme di Adamo versato in un orgasmo notturno, un essere a metà, che vuole sopravvivere a qualunque costo, oppure frutto dell’ovulo femminile non fecondato espulso col sangue del mestruo. La parzialità di una natura perennemente incompleta, il desiderio, l’intensa, ipnotica sensualità di creature che non conoscono morale umana né sazietà, né la reciprocità dello scambio, che si nutrono della vita nelle ore senza sole, il terrore che sanno suscitare col loro ritorno, quando una sepoltura sola non basta e occorre che il morto non possa tornare in nessun modo, fanno parte tanto dell’immaginario umano che del reale intessuto dall’umana società.
Alla fine si ammette “io credo nei vampiri” perché ci si deve arrendere a un’ovvietà che nessuno è in grado di cancellare: dall’inizio alla fine di questo mondo, finchè esisterà la morte e l’anima umana, ci sarà il morso di un vampiro a baciare il cuore di un mortale.
Per chi ha perso l'occasione della primissima edizione del libro di de' Rossignoli, l'edizione recente è della Gargoyle Books è accompagnata dall'Introduzione di Angelica Tintori, uno scritto di Danilo Arona ("In viaggio con Emilio"), e un commento finale di Loredana Lipperini ("Bruciare le stoppie"). Ancora più preziosi, i testi della bibliografia (originale): da Huysmans a Baudelaire, da Richard Mateson ("I Am Legend") a Pico della Mirandola, da Lucano a Sant'Agostino, da Sigmund Freud a Oscar Wilde.
Ma non credete che nella scrittura sia celato il mistero del vampiro, perché esso ha a che fare tanto con l'anima dell'uomo che con tutto l'Inesprimibile metafisico. Anche se si cibano di sangue e di loro non resta nulla al dissolversi in polvere. Eppure, cosa si accosta di più al loro mondo di ripetizione eterna e candido incarnato della pagina stampata maledetta dalla musica fluida della scrittura?
Wy Th’ou von Leander.
Un lettore di Meta offre il suo particolare contributo alla rubrica "recensioni", occupandosi di un saggio classico della letteratura horror, gotica e misterica italiana. "Io credo nei vampiri" è una lettura obbligatoria per tutti quelli che, curiosi al di là del fenomeno di massa in auge in questi ultimi anni, vogliono approfondire i tratti storici, religioni e fenomenologici del vampiro.
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