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giovedì 7 luglio 2011

OFFLAGA DISCO PAX: IL SUCCESSO DISCOGRAFICO DEL SOCIALISMO TASCABILE – di Giancarlo Montoni

Gli Offlaga Disco Pax, nascono a Reggio nell’Emilia, nel 2003, da Max Collini, Enrico Fontanelli e Daniele Carretti (Genere New Wave/ elettronica/ Shoegaze). Giusto il tempo di fare i primi concerti e si trovano al centro dell’attenzione, dopo che una loro performance viene diffusa in rete.

Nel 2005 viene pubblicato il primo album “Socialismo tascabile (prove tecniche di trasmissione)” che vende in Italia circa 7000 copie. Le prime 2000 inizialmente stampate si esauriscono dopo 2 mesi. Alla fine del 2005 gli ODP vincono diversi premi: premio come miglior disco d’esordio, premio Fuori dal mucchio, premio per il video di Robespierre.

Nel Giugno 2005 la rivista Rumore gli dedica la copertina ed è la prima volta che la rivista dedica una copertina ad un gruppo emergente.

Il primo ascolto degli Offlaga Disco Pax è una di quelle cose che, quando ti capita mentre sei in macchina e guidi, ti costringe ad accostare e fermarti per cercare di capire se quello che stai sentendo è vero e se, comunque, ti piace realmente come pensi che ti piaccia.

Poi ti accorgi che ti piacciono e parecchio e cerchi subito di trovare tutto il materiale pubblicato: le informazioni, i video, anche quelli sul web che si vedono malissimo. Il terzo passo è quello delle citazioni: con i colleghi al lavoro, con gli amici al pub, a casa con i parenti, cominci ad infilare ovunque frasi delle loro canzoni. A questo punto puoi dire di essere a tutti gli effetti un fan degli ODP. A volte poi ti capita di andare a Reggio Emilia, magari a Marzo, e di comprare una cartina della città e succede che te la ritrovi incorniciata su una parete della tua stanza (qualcuno sa perché). A Max (soprattutto per la risposta su Blanka Vlasic e le cabine telefoniche), Enrico e Daniele, e. grazie A tutti gli altri. Buona lettura.





Gli ODP devono al passaparola il loro successo: il successo che si genera dal passaparola, è un successo genuino, vero: chi ha ascoltato i vostri primi concerti o visto i primi video caricati sul web ha riconosciuto la validità del progetto e lo ha diffuso. Avevate il vostro pubblico già prima dell’uscita del primo album. Il successo è arrivato molto rapidamente ed è certificato dai numerosi premi che avete ricevuto. Qual è il vostro rapporto con i fan? E’ cresciuto in voi un certo senso di responsabilità nei confronti di chi vi segue?

Max: “E’ ancora adesso un rapporto abbastanza semplice e diretto, che però non condiziona più di tanto il nostro agire, nel senso che certamente siamo consapevoli che avere un seguito genera maggiori responsabilità, ma che queste, non necessariamente, debbano generare a loro volta condiscendenza. Non ne riserviamo molta nemmeno a noi stessi, in verità”.

Enrico: “La responsabilità sta tutta nella franchezza, che sia nel rapporto vis a vis o nella parte espressiva. Considerata la spontaneità del progetto, da questo punto di vista non è stato particolarmente faticoso farsi carico di un seguito che mi auguro rimanga esigente nel tempo”.


Il progetto originario degli Offlaga disco Pax è quello di mettere in musica racconti che tu, Max, avevi già scritto. Nel caso di racconti molto lunghi, mi pare di aver capito, che più che un’operazione di riscrittura, la tua sia un’ operazione di taglio. E’ così?

Max: “Dove la durata delle storie era inizialmente più lunga, ho operato successivamente una sorta di riduzione della lunghezza, cercando di mantenere comunque il meglio di ciò che volevo raccontare. Ora quella forma mi pare più efficace dei racconti nati, appunto, senza poter nemmeno vagamente immaginare l’uso che ne avremmo poi fatto una volta nati gli ODP. Adesso mi capita invece, di scrivere con già l’intenzione di farlo per il gruppo, per cui la lunghezza del testo nasce qualche volta un poco predeterminata. Sono talmente verboso di natura che maggiore sintesi, almeno in questo, non potrà che fare bene sia a me che a chi ci ascolterà”.



Nella fase compositiva, in che modo procedete? Si compone prima la musica e poi si sceglie il testo a cui associarla, oppure si scrive una musica per un testo in particolare?

Enrico: “Non c'è un modus operandi specifico, quel che è certo è che alla fine del processo
i conti debbano tornare. Nulla al caso insomma”.

Max: “Giorni fa, per esempio, alle prove, abbiamo lavorato sulla base di un testo appena abbozzato, che poi abbiamo sviluppato durante l’elaborazione del brano. Spesso partiamo dal testo, o da una sua stesura iniziale, ma capita anche il contrario. In questo caso l’aspetto musicale influenzava parecchio il lavoro sul testo e in generale quando il testo si confronta con la musica necessita sempre di qualche aggiustamento. Il risultato finale è sempre figlio dell’atmosfera del brano e quasi mai il testo sulla carta è rimasto identico a se stesso dopo il matrimonio con la musica”.

Parliamo di Socialismo Tascabile (prove tecniche di trasmissione), primo album del 2005. Partiamo dal titolo: Prove tecniche di trasmissione è una citazione da “Cinnamon”, brano che fa parte del disco, il cui testo è stato scritto da Arturo Bertoldi. Cos’è il Socialismo per voi? Perché tascabile?

“L’idea nasce da una intuizione di Arturo Bertoldi che abbiamo fatto nostra. Arturo è un mio coetaneo, un grande amico e compagno nella militanza politica negli anni ottanta. Quando fondò, con spirito situazionista, il Movimento per il Socialismo Tascabile, ne divenni istantaneamente un adepto. L’accostamento di una parola così universale e importante, evocativa di una intera epoca e di un secolo e mezzo di storia, a un aggettivo più leggero e del tutto fuori scala rispetto alla prima, genera un cortocircuito che la dice lunga su ciò che animava e anima ancora le nostre intenzioni”.



In “Socialismo Tascabile” la presenza della voce è consistente, ma credo che il vostro grande merito sia quello, in generale, di riuscire a trovare un equilibrio perfetto tra musica e parlato. In altre parole, quando si ascoltano gli ODP, non si ha mai la sensazione di ascoltare un racconto musicato, ma una vera e propria canzone. Siete d’accordo?

Enrico: “Anche questo è frutto di un lavoro spontaneo. All'interno del quale al medesimo tempo la forma canzone classica o pop ci ha riguardato raramente, non una strofa
o un ritornello classici. Da qui l'importanza del sodalizio di contesto tra racconto e musica,
dove si crea la congiunzione ci ritroviamo in un microcosmo riconoscibile, delineato, con confini precisi. E se sei tu a scriverlo è un bel complimento, ma lo studio non termina qui”.


Quale, tra i brani di Socialismo Tascabile, vi ha creato maggiori problemi nel raggiungimento della forma definitiva?

Enrico: “Generalmente i problemi vengono quando un brano nasce spontaneo e dobbiamo
lottare con la tentazione di tenerlo tale e quale, o, con quella di osservarlo da un punto di vista differente. Non uscirà mai una raccolta di brani inediti, lati b, o a dirla in inglese outtakes degli ODP, semplicemente perché quello che sentite è quello che è stato fatto. Diariofonici”.


In “Khmer Rossa”, c’è la presenza di una voce femminile. Che funzione ha?

Avete pensato ad utilizzare una seconda voce anche in altri brani?

Max: “Daniela Roman, una ragazza rumena che vive a Reggio Emilia da molto tempo, recita il testo tradotto da lei stessa nella sua lingua. In realtà avrebbe dovuto essere in russo, ma le due candidate al ruolo si diedero alla macchia poco prima della registrazione. L’idea nasce da un episodio avvenuto a uno dei nostri primi concerti, nel 2003 a Roma. Una interprete simultanea italiano/russo comparve durante il brano sul palco, su iniziativa di Enrico e Daniele, che per farmi uno scherzo non mi dissero nulla. Funzionò molto bene, nonostante la sorpresa, e tenuta l’idea pensammo poi di riproporla sul disco. Dana, faceva e fa ancora la barista, non aveva mai visto uno studio di registrazione in vita sua e si presentò all’Alpha Dept. di Bologna con molto candore e tranquillità. Dopo un’ora aveva finito la sua parte e tornò a casa a lavorare. A me quelle registrazioni sembravano una cosa abbastanza difficile, poi arrivò Daniela e in tre secondi sembrò già a suo agio più di me. Adorabile. Amo molto la lingua rumena, mio padre la parlava correntemente per motivi un poco complicati da spiegare, e conosceva benissimo Dana Roman. Trovo molti significati nella sua presenza in quel brano e sono contentissimo che sia venuta a fare questa cosa con noi”.


Bachelite, secondo album del 2008. Qui la musica si fonde maggiormente con il testo, ne entra a far parte. E’, di sicuro, un disco più riflessivo, intimista.

So che Max non era convinto di inserire “Venti minuti”; so che Enrico e Daniele hanno insistito, invece, perché ci fosse. E’ andata così?

Max: “Trovo che Bachelite sia, per alcuni versi, un disco forse più “politico” di Socialismo Tascabile, anche se la mancanza di riferimenti ideologici così diretti come nell’esordio potrebbe fare pensare il contrario. Certamente è un disco più riflessivo, come più riflessione ha richiesto la decisione di inserire un brano come “Venti Minuti”. Enrico era molto convinto della validità del testo, mentre io lo trovavo troppo personale e molto difficile da affrontare. Col senno di poi sono felice di questa scelta, anche se non è stato facile né registrarlo, né proporre (almeno le prime volte) il brano dal vivo. Ora sono più distaccato, ma all’inizio è stato veramente complicato e doloroso”.

Enrico: “Non è facile insistere quando sai che il punto è delicato, al momento anche io sono contento di averlo fatto, visti i risultati, e magari per Max è stato in un certo qual modo, terapeutico affrontare il punto”.


Sono stato a Reykjavik lo scorso Settembre. La quasi totalità degli islandesi non ha un cognome, si aggiunge son (per i maschi) o dottir (per le femmine) al nome del padre per ottenere il patronimico. I vichinghi facevano così e gli islandesi, che non vogliono ammettere a loro stessi di avere origini irlandesi, adottano questa tutela perché li fa sentire più fighi, discendenti dei vichinghi. Succede che mentre giro nel centro di Reykjavik scoppia un temporale. Mi riparo in una cabina telefonica. Dentro c’è un elenco del telefono. Comincio a sfogliare le pagine; le persone sono messe in ordine in base al nome. E i nomi, visto che i patronimici sono tutti più o meno uguali, sono decisamente bizzarri: Harpa oppure Irish (si scrive proprio così), anche se di lei più che il nome mi ha colpito altro, ma questa è decisamente un’altra storia. Tutta questa boiata per dire che se ti rifugi in una cabina telefonica a Reykjavik, al massimo, ti ripari dalla pioggia, se lo fai a Reggio Emilia, per esempio, potresti scrivere il testo di “Onomastica”. I nomi qui non rimandano ad eroi vichinghi ma . E’ da questo che nasce il brano vero?

Max: “Premesso che le cabine telefoniche italiane ormai da anni non sono più dotate dell’elenco telefonico, e che verranno a breve smantellate definitivamente, uscendo così dall’immaginario collettivo delle generazioni attuali (ergo nessuna Blanka Vlasic potrà saltarle in futuro, né ventrale, né Fosbury) la risposta è sì. Se sfogli l’elenco di Reggio Emilia i nomi curiosi, figli di culture altre, rispetto alla tradizione cattolica, sono tantissimi. Nomi stranieri pronunciati come sono scritti, nomi tratti dal melodramma ottocentesco, dalle letture più svariate, dalla militanza politica, dalla fantasia anagrafica al potere.

Scelte spesso identitarie da parte di classi sociali finalmente autodeterminate”.





Il testo di Onomastica ha un suo ritmo interno ben definito, la stessa cosa vale anche per Enver, in particolare, dove sono presenti le allitterazioni: “Tremori gentili, trecce sottili, tracce profonde…” Paradossalmente, è più difficile mettere in musica un testo di questo tipo?

Enrico: “Enver nacque in pochi minuti in sala prove, senza alcuna difficoltà. Avere a che fare con un testo più libero, malleabile, ci ha reso in realtà la vita particolarmente facile. Smentendo quanto scritto precedentemente, si tratta dell'unico brano in cui ritornello e strofa si alternino. Fu ed è un piacere”.

Max: “Forse anche Lungimiranza è un po’ strofa e ritornello: strofa raccontata, ritornello suonato. Circa”.


Chi è la Carlotta della “Carlotteide” da cui nasce “Superchiome”?

Max: “Carlotta è una ragazza che ho frequentato per qualche mese, circa dieci anni fa, senza alcun successo, peraltro. Quel brano e quella storia parlano di un classico e banalissimo amore non corrisposto, condito però dalla presunzione di meritare ugualmente quei sentimenti. La pattinatrice dai capelli rossi/arancioni è appena diventata mamma e adesso siamo amici. Su face book”.


“Vaghe stelle dell’Orsa” da Leopardi, passa a Luchino Visconti ed infine approda nel testo di “Sensibile”. La citazione ha qualche funzione particolare?

Max: “Nessuna, se non il fatto che posseggo da molto tempo una locandina originale del film di Visconti appesa nel mio soggiorno. L’accostamento mi piaceva, tutto qui”.


Veniamo ora a Prototipo Ep del 2010. Un’idea geniale: edizione limitata a 500 copie ed arrangiamenti minimalisti. Chi ha avuto l’intuizione? Qual è stato il criterio di scelta dei brani? Vi hanno chiesto se l’idea di arrangiare nuovamente i brani con questa soluzione di tipo minimalista, per l’appunto, non avesse come obiettivo quello di mettere in risalto maggiormente i testi. Non credo assolutamente ci sia stata questa volontà da parte vostra. Sbaglio?

Enrico: “Non sbagli. Si è trattato di un gioco, come dovrebbe essere. Impegnativo, ma un gioco. L'idea è nata dal bisogno di portare in tour una situazione più intima, tornare a locali da 2-300 paganti massimo, e come una sorta di scommessa mia e di Daniele, forzata, nell'abbandonare le nostre predilezioni (i miei synth, le sue chitarre) per sposare una situazione da camicia di forza. Con le Casio non hai scampo, è più semplice premere i tasti dei suoni preset dal vivo tra un brano e l'altro, ma difficile scegliere in anticipo quali userai. Siamo nati su una Casio da 20 euro - mercatino dell'usato, tutto Socialismo Tascabile è composto tramite quella. La scommessa è stata lavorare sui brani di Bachelite, più complessi dal punto di vista del suono, ma quando le versioni sono riuscite è stato molto gratificante. L'altra volontà, non riuscita, era quella un poco punk del "prova tu, a casa tua". Avrei amato ospitare durante il live persone dal pubblico attrezzatesi da casa con una qualche rimanenza da infanzia - cantina. Prossimo giro”.



Come nasce, invece, Isla Dawson?

Max: “Il testo di Isla Dawson è nato da un suggerimento di Enrico, che stava lavorando a un brano strumentale e ispirato al golpe cileno. Io da molto tempo possedevo questo libro di Sergio Vuskovic Rojo (sindaco comunista di Valparaiso poi esule a Bologna dopo la prigionia) che narrava del campo di concentramento realizzato da Pinochet a Isla Dawson e da lì è uscita la storia. Dopo qualche esperimento dal vivo lo abbiamo registrato per inserirlo nell’antologia “Materiali Resistenti 2010”, uscita l’anno scorso in occasione del grande concerto del 25 Aprile in piazza a Carpi. Non parla direttamente della nostra Liberazione, ma ci pareva ugualmente molto in sintonia con le motivazioni dell’evento”.


Allora vediamo: Sito ufficiale #33, Socialismo tascabile #68, Bachelite #135, Prototipo EP #151, a che numero del catalogo siamo arrivati? State già pensando ad un nuovo disco?

Enrico: “Ups… ho perso il conto, con le locandine forse a 152, anzi, nel frattempo
abbiamo deciso per il grande passo, le magliette, quindi 154. Come il terzo disco degli Wire. 155? uhmm…”,

Max: “Stiamo lavorando con calma al concepimento del terzogenito”.




Bachelite, come abbiamo detto, raggiunge un equilibrio perfetto tra il parlato e la musica. E’ questa la strada definitiva degli ODP o c’è una possibilità di ritorno allo stile di Socialismo Tascabile?

Enrico: “Non si torna indietro, a meno che si rivaluti una precedente condizione. Mentre lavoriamo ai nuovi brani mi è capitato di dare un ascolto - capita di rado, a Bachelite.

Ne vado tutt'ora fiero. Lo trovo un disco colorato, pur compatto. Di solito gli artisti da Warner Bros in intervista presentano il disco ultimo come il più riuscito. Io mi accontenterò di un "riuscito come gli altri", ma comunque indipendente dai precedenti”.


Come vedete il vostro futuro? Vi immaginate tra 10 anni a suonare ancora insieme?

Enrico: “Meglio concentrarsi su domani, inteso come i prossimi dieci minuti”.

Max: “Tra dieci anni ne avrò 54, troppi per pensarci adesso”.




NOTE:

Il nome Offlaga Disco Pax è il compromesso tra il nome del comune in Provincia di Brescia, in cui Max si ritrova nel 2000, dopo essersi perso mentre è in macchina in una “notte buia e tempestosa”, ed il titolo di una canzone del gruppo musicale anni ’80 “Mumble”, il cui leader era Arturo Bertoldi. La canzone si chiama, appunto, Disco Pax.


DISCOGRAFIA:

Socialismo tascabile (cd e vinile prove tecniche di trasmissione) _ (Santeria, 2005)

Bachelite (cd e vinile Santeria, 2008

Prototipo Casio( EP autoprodotto 201. 500 copie)

Onomastica (Santeria/Audioglobe 2009)

COMPILATION:

Materiali resistenti( brano Isla Dawson 2010)

VIDEOGRAFIA:
Offlaga Disco Pax Rockumentary di Pierr Nosari( DVD 2009)

VIDEOCLIP:
Robespierre (regia di Marco Molinelli postodellefragole)2005
Ventrale (regia di Luca Lumaca)| 2008
Onomastica (regia di Marco Monlineli postodellefragole)| 2009

1 commento:

  1. Giancarlo Montoni ci accompagna nel mondo della musica alternativa. Il viaggio comincia da Reggio Emilia, con gli Oflaga Disco Pax.

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