Incontriamo Fabio Ingiosi, giovane leader e chitarrista degli Zenobia, band musicale che già da qualche tempo, partendo da Cecchina, luogo ove il chitarrista 28 enne è cresciuto, sta facendosi largo nell’ambito non sempre facile delle rock band giovanili italiane. Tanti ragazzi e ragazze, dalle più sperdute cantine delle cittadine di provincia o dai più improbabili sottoscala metropolitani, provano a far sentire la propria voce mediante le corde di una chitarra o il battito di una batteria ritmando le loro emozioni, i loro sentimenti, le loro passioni, la loro voglia di futuro.
Fabio: come è nata la tua passione per la musica?
“Io vivo per la musica e con la musica… Essa è la colonna sonora della vita di ogni essere umano. Ogni persona ha la sua canzone, il suo genere preferito. Fin dalla notte dei tempi l’uomo e la donna, hanno celebrato la vita con qualsiasi tipo di suono. Io mi esprimo attraverso la musica. La mia timidezza scompare. Ogni problema, pensiero o ricordo, tende a dileguarsi e si è guidati da questo meraviglioso mondo, lasciandoci trasportare ovunque essa ci voglia condurre. Se si è euforici si ascolterà un brano dal ritmo altamente ballabile; se si è arrabbiati si sceglierà un ritmo più duro; se si è depressi ballate strappalacrime”.
Cosa provi quando suoni?
“Mentre suono tutto si annulla, tutto ciò che mi circonda, penso solo a me stesso, a emozionare chi suona con me e chi mi ascolta. In una band è un dare e ricevere di emozioni. Nell’attimo prima di salire sul palco il battito si fa più accelerato, la salivazione diminuisce, mi prende un crampo allo stomaco come quando si è innamorati, le dita cominciano a sudarmi anche se sono fredde e, al momento della prima nota ecco che vengo investito da miliardi di brividi che mi corrono dalla testa ai piedi. Certo, non bisogna farsi fregare troppo dall’emozione, altrimenti si rischia di celare al pubblico e ai membri della band quel sentimento che uno vuole trasmettere attraverso le note. Come il pittore trasmette il suo mondo e le sue emozioni mediante i colori e le pennellate sulla tela, il poeta o lo scrittore comunica con il suo modo di mettere insieme le parole, il musicista esprime le sue emozioni e il suo sentimento attraverso l’intensità delle note che suona. Non sarà ogni volta al 100 %, perché dipende anche dall’umore dell’artista in quella serata o in quell’istante.
Tu suoni in una band, non sei solo: come si lavora in gruppo?
Quando sono in sala prove posso sperimentare, trovare sfumature, punti d’incontro con gli altri membri della band. Così facendo ci imbocchiamo a vicenda sull’intro, il finale o addirittura si modificano le strutture ritmiche di alcune parti del brano. Come si dice in gergo, si “stecca” molto, cioè si usano note sbagliate, e le risate si sprecano. C’è poi la trepidazione di provare il nuovo pezzo, anche se a volte l’attesa non viene ripagata dall’esecuzione”.
Che differenza c’è nel suonare pezzi di altri ed essere autori dei tuoi brani?
“Il riproporre brani già editi ( cover di canzoni di altri gruppi già celebri) è un discorso diverso che eseguire i propri brani scritti di proprio pugno e con il proprio sudore….
Quando si fa parte di una cover band, ci si limita a riproporre i brani ,magari con gli stessi timbri e lo stesso suono, ma la cosa rimane lì. Per iniziare a suonare tutti hanno riproposto cover di altri gruppi, ma ad un certo punto si sente il bisogno di proporre il proprio stile ed il proprio marchio sonoro. L’importanza di avere un riscontro è relativa perché; vuoi mettere la soddisfazione di suonare dal vivo uno dei tuoi brani? Vederlo nascere, crescere e metterlo insieme per poi sentirlo elaborare dagli altri membri della band, ed infine suonarlo davanti a qualcuno, che sia un manipolo di persone o migliaia di fan?”.
Come si scrive un pezzo?
“Per scrivere una canzone non ci sono regole. Chi parla di politica, chi di religione, chi d’amore e chi di problemi sociali. C’è chi scrive brani da due, tre, quattro minuti al massimo, per essere più radiofonici, e chi invece lunghe sei, sette, otto minuti, persino 10, 15, 20, come i Pink Floyd. Dipende sempre dal momento in cui ti viene l’idea o le sensazioni che ti comunica un particolare giro di accordi, ed è magari così dannatamente emozionante che vorresti non finisse mai. L’idea prende forma e vita finchè non si delineano i contorni di un qualcosa di ben definito”.
Tu come componi un tuo brano?
“Personalmente quando scrivo una canzone parto da una melodia, magari un giro di accordi. Poi via via incastro altre parti, ripetendo il giro all’infinito finchè non sento che tutto s’interseca alla perfezione: intro, strofe, ritornello se c’è, magari un qualche assolo di chitarra e il gran finale. Ma non ci sono schemi. A volte mi vengono così, di getto, magari quando stò passeggiando o in macchina. Mi viene una strofa, un ritornello o un particolare per un riff di chitarra, o di una strofa. Poi torno a casa, in tutta fretta, imbraccio la chitarra e mi metto lì a ripetere quello che la mia mente ha sviluppato in quell’istante, cercando quelle sfumature, quelle accortezze ritmiche che in quel preciso momento possono sembrare buone. A volte succede che queste idee siano molto banali, a volte funzionali. Ci sono delle volte invece che a furia di pensare intensamente ad una cosa, una ragazza, un particolare ricordo, suscita in me delle emozioni e sensazioni. Questo mentre sto suonando. E così mi nasce tra le mani, di getto, il pezzo. Può succedere che ti viene in mente uno spunto, ma che il tutto poi si fermi lì e l’idea non cresca, ma magari dopo molto tempo, d’improvviso, vai a rispolverare quell’intuizione e tutto viene da solo”.
Ti sei mai chiesto cosa provi una persona che ascolta la tua musica?
“Ora io sto ragionando da musicista, o meglio appassionato ancora non professionista ( se gli dei volessero), e non saprei dire cosa sente e cosa vede nella musica un semplice ascoltatore. Di sicuro quello che ci accomuna è l’amore. L’amore per questo meraviglioso mondo, che è la musica, senza la quale la nostra sarebbe solo una scialba ed anemica esistenza”.
Continua il viaggio di Meta nel mondo delle rock band giovanili indipendenti. Oggi Andrea Titti ci fa conoscere gli Zenobia, ed il suo chitarrista, Fabio Ingiosi.
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