Il pianeta del tesoro (Treasure Planet in versione originale), viene rilasciato nelle sale il 27 Nobembre 2002, risultando essere il 43 film della Walt Disney. Il suo concepimento risaliva però a molti anni prima, quando gli sceneggiatori, Ron Clements e John Musker, lavoravano su La sirenetta. Come film Disney dell’ultima generazione, è caratterizzato per i molteplici piani di lettura e godimento, che ne fanno un piccolo capolavoro tanto per i bambini, quanto un profondo messaggio per il ragazzo che c’è ancora in ogni adulto. La realizzazione è impreziosita dalla fusione di tecniche 2D e 3D, allora in sperimentazione. Ebbe la nomina all’Academy Award for Best Animated Feature del 2002, Purtroppo gli scarsi proventi delle sale, a fronte dei 4 anni che furono impiegati per la realizzazione, portò la Disney a favorire sempre di più la scelta del 3D. In questa breve recensione (lasceremo allo spettatore il gusto di godersi la pellicola) intendiamo andare controcorrente al trend commerciale e affermare che, con Treasure Planet, si è di fronte a uno dei film Disney che un adulto può maggiormente amare.
Il pianeta del tesoro riunisce, in modo perfetto, tutti quei tratti che rendono indimenticabile una storia: racconto di formazione, creascita personale di un ragazzo che, attraverso un viaggio incredibile nello spazio, trova se stesso e trovandosi riesce finalmente a vedere, per sé, un futuro in grado di dare senso alla sua vita. La vicenda tratta infatti di James Pleiadi Hawkins (Jim), un adolescente irrequieto e geniale, in grado di costruire ad otto anni piccoli miracoli di ingegneria, che però soffre profondamente di una vicenda che, dall’infanzia in poi, ha segnato la sua vita, rendendolo incapace di farsi comprendere da una madre che pure lo adora, e che rimasta sola è riuscita a mandare avanti una locanda e far crescere il figlio, ma non riesce ad affrontarne l’irrequietezza.
Il destino vuole che, un giorno, arrivi ai piedi della loro locanda un essere ferito, che cerca di difendere la mappa da un cyborg, la mappa del favoloso tesoro del Capitano Flint, di cui Jim ascoltava estasiato le imprese, da bambino. Così, grazie anche alla complicità del Dottor Delbert Doppler (un cane, astrofisico), desideroso di partire per lo spazio e avere un’avventura vera, riesce a strappare alla madre il permesso per partire. La nave che il Dottore prende a proprie spese presenta un capitano insolito (una gatta), con a servizio una ciurma che, forse non per caso, ha tra le fila un cyborg.
Un’avventura in pieno stile piratesco, sostenuta da un’animazione pregevole, accurata e da una serie di scenari degni di un viaggio spaziale, l’ironia di un racconto che sa commuovere e intenerire, ma anche sorridere di dolcezza, e che, pur portando con sé un messaggio estremamente positivo non lascia spazio a soluzioni troppo semplici o troppo irreali. Si tratta dello scontro tra il mondo incerto di un ragazzo che non sa ancora quale strada intraprendere, e la durezza della vita che, con mano ferma e al tempo stesso compensatrice, riesce a insegnargli tutto quello che occorre per mettere a frutto le sue doti, le sue speranze, il suo carattere.
Il mix tra la classica narrazione di viaggio per mare, il romanzo di formazione, i racconti di fantascienza (è presente anche un simpaticissimo robot), la fantasia e la realtà, nella dimensione mediana in cui l’immaginazione dà senso al reale e in cui la visione di un film si rende spettacolo per tutta la famiglia: divertimento per i più piccolini, ma anche improvviso ricordarsi, da parte dei più grandi, di quel momento delicato in cui non si voleva altro che il riconoscimento, quello in cui lo si è ottenuto, quello in cui si è iniziato a credere che fosse possibile quello che si sognava.
La colonna sonora contiene un brano di Max Pezzali, “Ci sono anch’io”, che esprime con grande impatto emotivo e chiarezza quel momento.
Un film la cui visione non stanca mai. Il mancato successo della pellicola è di certo un dato, ma sosteniamo che ciò sia dovuto non all’insufficienza del film, quanto all’oscillazione del target che, se ne fa comunque un prodotto godibilissimo dai bambini, tratta anche tematiche e momenti della vita molto più adolescenziali che altro. Se un adulto ha ancora viva, dentro di sé, quella parte capace di sognare e avere grandi prospettive, Il pianeta del tesoro non può mancare alla sua attenzione. Ed è con questo che ci auguriamo che questa recensione non sia una da mettere nel freddo scaffale delle etichettature, quanto un invito a procurarsi un prodotto Disney dal tratto magnifico, dagli scenari stellari rifinitissimi, dai colpi di scena ben strutturati e dalle emozioni eterne che riposano nel cuore di ogni uomo.
La Disney nel 2002 ci ha regalato una storia di avventura e di formazione, di coraggio e di speranza, magnificamente animata, che nelle avventure di un adolscente riflette le speranze e le aspirazioni di tutti quelli che, da piccoli, avevano un grande sogno.
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