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giovedì 25 agosto 2011

SERIE A: SE A SCIOPERARE FOSSERO I TIFOSI - di Andrea Titti


L’estate calcistica solitamente si consuma tra calciomercato e pronostici sotto l’ombrellone, qualche nuovo flirt tra la bella di turno ed il campione in erba, i sogni di ogni tifoso di vedere i propri colori regalargli un trofeo o un nuovo astro nascente del pallone. Quest’anno la crisi sembra aver contagiato anche il mondo del calcio. 

La parola sciopero riecheggia non solo nella penisola Italica ma anche in quella Iberica, Italia e Spagna, sempre loro, unite dai conti pubblici sballati e dal calcio caos. 


Le associazioni dei calciatori dei due Paesi minacciano lo sciopero, per motivi diversi, ma a guardar bene non tanto. Soffermandoci sugli affari di casa nostra, non si può non rilevare l’inadeguatezza delle Istituzioni sportive, incapaci di siglare un accordo complessivo sul nuovo contratto tra società e calciatori. L’accordo sembrava raggiunto nel Dicembre scorso tra AIC (Associazione Italiana Calciatori) e la Lega Calcio di Serie A, anche sul famigerato Articolo 7 del contratto, quello che regolamenta la gestione dei calciatori cosiddetti “fuori rosa”, che era ed è il vero nodo della contesa, a sentire il parere dell’AIC. 

Tra dicembre e oggi però qualcosa è cambiato e, come per magia l’accordo non c’è più. Ad aggiungere confusione a confusione ci si è messa anche la legge finanziaria governativa che, introducendo il contributo di solidarietà per i redditi superiori ai novantamila euro, comprendendo quindi, anche i calciatori, ha scatenato un’altra diatriba tra questi ultimi e le società sportive, tra chi di loro sia titolato a pagare la nuova tassa. Morale della favola il campionato, una volta più bello del mondo, che doveva iniziare nel prossimo fine settimana, quasi certamente vedrà uno slittamento della prima giornata. 

I calciatori non scenderanno in campo, quindi sciopero? Non si sa, c’è una certa ritrosia nel pronunciare questa parola, faremmo meglio a dire pudore, visti i tempi. I giocatori sul piede di guerra per una questione esclusivamente di principio, per tutelare, a loro dire, un diritto di lavoratori, le società a rivendicare, altrettanto diritto, a scegliere dei giocatori da inserire nella rosa di prima squadra, senza dover gestire 40 elementi alla volta in ogni allenamento. 

La questione è delicata, e per certi versi, ogni attore ha delle ragioni da spendere, ma come sempre, il modo in cui le ragioni si rivendicano, inficia assai ogni esito di trattativa. Se i giocatori intendono andare fino in fondo alla vicenda, decretino lo sciopero, ufficialmente, detraendosi, come ogni lavoratore dipendente, lo stipendio alla fine del mese, in misura eguale alle prestazioni mancate a causa dell’inattività volontaria, invece di mettere in scena questo disgustoso balletto nominalistico tra sciopero e rinvio. 

La soluzione, all’Italiana, che si profila infatti, è quella del rinvio della prima giornata, al 21 Dicembre 2011. E che significa rinvio? Perché si rinvia? Perché i giocatori protestano? Bene, se il diritto di sciopero è nella disponibilità dei calciatori, essi hanno anche il dovere di avvalersene, come tutti però, non come degli scioperanti privilegiati, perché chi sciopera lo fa a sue spese e non sulle spalle di altri, questa è la differenza tra sciopero e capriccio. 

Non ci piace maramaldeggiare, facendo i demagoghi, perché i diritti sono per tutti, sia per i ricchi che per i poveri, laddove un diritto è minacciato, non si deve discriminare in base al portafogli, ma neppure si può scendere nel ridicolo come in queste ore sta accadendo. Mediazioni estenuanti, proposte indecenti, fondi che appaiono e scompaiono, firme rimangiate e strette di mano rinnegate. 

Dietro a tutto questo c’è una sola vittima, oltre il decoro, il tifoso, che viene privato di ogni stimolo ed entusiasmo, per seguire lo sport che ama, e per il quale sacrifica non poche delle sue finanze a fine anno, tra abbonamenti, allo stadio e televisivi. 

Ci attendiamo altresì una presa di posizione da parte di chi il calcio nostrano mantiene, elargendo generose dazioni di denaro alle società, le televisioni, SKY e MEDIASET, le quali, hanno sottoscritto regolare contratto con la Lega Calcio, che si vede non rispettato a queste condizioni. Se i padroni del pallone, alla svelta, non si decidono di gestire con un metodo imprenditoriale serio la baracca, il giocattolo si romperà definitivamente, così perderemo una delle industrie più munifiche del nostro povero Paese. 

Se si continuerà sulla china delle soluzioni abborracciate e pasticciate, utili solo a spartirsi il bottino, sempre più risicato, dei diritti televisivi, ignorando una strategia complessiva che renda il nostro calcio nuovamente competitivo con i vertici europei e mondiali, lo sciopero potrebbero farlo i tifosi, e ne avrebbero tutte le ragioni.

1 commento:

  1. Riflessioni amare di Andrea Titti sulla situazione attuale del calcio Italiano.

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