SEGUE DALLA [PARTE 1].
Amore e libertà dei sensi.
Saint-Preux e Giulia hanno maniere diverse di rapportarsi alla sensualità: se infatti per Saint-Preux è un terreno di prova per manifestare capacità di dominarsi (I, 29), o il campo in cui preservare l’onore proprio e quello di Giulia nella volontà di non sacrificare la stima in un possesso vergognoso (1, 24), per Giulia il turbamento, la necessità di alzare le difese e preservarsi in corpo e anima, si presentano sin dalle prime lettere.
Infatti in I, 9 manifesta di aver creduto che una fanciulla sia persa una volta fatto il primo passo, poiché considera la passione come un veleno che corrompe sensi e ragione (I, 4). Dopo due mesi dalla confessione, sostiene che è il suo cuore ad aver bisogno di amore, non i suoi sensi di un amante (I, 9), descrive la condizione di gioia provata nell’attuale situazione (del “piacere di amare con purezza”), e teme che una felicità eccessiva, dovuta a un “più dolce legame”, possa rovinarlo per sempre. Afferma che “il momento della possessione è la crisi dell’amore”, qui come più volte nel romanzo. In III, 28 parla degli amori non corrisposti, fondati sui sensi, e quindi destinati ad estinguersi perché non possono possedere il loro oggetto, ma finirebbero lo stesso se potessero, poiché il possesso estingue l’amore. Inoltre nella stessa lettera incita a Saint-Preux a far ritorno, insieme, al bene, dopo che entrambi i loro cuori si sono traviati, domandando: “non è forse meglio purificare un sentimento così caro per farlo più durevole?... per poterci amare sempre dobbiamo rinunciare l’uno all’altro!”.
Eccezione è il suo invito a raggiungerla nella propria stanza, nella lettera I,53. Tuttavia è necessario sottolineare quanto strettamente, nella mente di Giulia, al rapporto sessuale sia qui intrecciata l’idea della morte, in una maniera potente, quasi ossessiva: menziona i pericoli, l’evenienza che suo padre li scopra e li uccida, ed arriva a dissuadere il proprio amante dall’armarsi. “Non lasceremo questa breve vita senza aver gustato per un istante la felicità”, scrive, così come è felicità morire tra le braccia di Saint-Preux. Sebbene esprima la speranza che la sorte sia clemente con loro, è potente sulle labbra della ragazza l’evocazione di una morte violenta, quasi a sfidarla, a provocarla. La morte giungerebbe, così, ad impedire che una felicità goduta sfiorisca nell’ora successiva al possesso, a porla in un piano dove nessuna delusione e nessun appagamento possa intaccarla. Conclude la lettera prevedendo che Saint-Preux, nel seno stessi dei piaceri, confesserà che il massimo incanto sia, comunque, nell’unione dei cuori (stato in cui le loro anime già versano), perché il suo sarà un venire ad unirsi con se stesso. Quindi, egli occhi di Giulia, un atto, se si può dire, superfluo. Lo concede, ma non gli dà spazio.
Se abbiamo, subito dopo, lettere di Saint-Preux, non ve ne sono di Giulia, perché nella narrazione entra la lite tra Edoardo e Saint-Preux, che chiederà molte lettere da parte dei vari personaggi. Così la voce di Giulia, successivamente alla notte d’amore, tace. Molto probabilmente ad indicare che mentre l’atto fisico ha segnato per Saint-Preux un cambiamento, in lei nulla è mutato, perché se lui registra un mutamento nei propri sentimenti, un loro colorarsi di tenerezza ed affettuosità, fa notare quanto grande sia la differenza tra loro due: uno vuole godere, l’altra amare, uno è tutto slanci, l’altra passione. Giulia sin dall’inizio incarna quel fattore di stabilizzazione della passione in un piano più moderato, capace di guidare gli impeti dell’amante. Clara in I,30 cerca di consolarla della “caduta” affermando l’impossibilità che un vero amore possa degradare l’anima, e che l’errore per cui Giulia tanto si incolpa è ciò che le ha permesso di salvarsi la vita, perché l’amore che prova le chiede o la felicità o la morte. In ogni caso, l’amore-passione contro cui Giulia cerca di affermare un modello di virtù, è sentito come una minaccia ai doveri naturali (e sarà proprio l’amore filiale a farle rinunciare all’amore-passione, nel momento in cui si sente responsabile per la morte della madre).
Mentre Saint-Preux resterà costantemente se stesso e non assumerà socialmente altri ruoli, Giulia diverrà moglie, padrona di casa e madre, al punto che la signora Wolmar verrà considerata come un altro essere, rispetto alla signorina Giulia. La sua persona allaccerà con fili distinti una rete di relazioni sociali, stringendo un nodo che la pone al centro della vita di ciascun personaggio del romanzo. Lei tenta in ogni maniera di inquadrare anche Saint-Preux nel piccolo universo della sua comunità, fino a chiedergli di sposarsi con Clara, per chiudere un cerchio ideale di rapporti fatti di sincerità, trasparenza e dono. In questo senso Giulia non è eteronoma, perché nel tempo assumerà una tendenza (assecondata dalla fede) incontrastata a sublimare sempre di più la propria persona, a cercare piani sempre più alti in cui non possa esserci un attrito: nel mondo perfetto che si è illusa di poter costruire (non che non l’abbia fatto concretamente; bisogna vedere fino a che punto autenticamente), pretende che ciascuno sia come deve essere. Nella sua soave dolcezza non lascia spazio per visioni e modi di essere diversi dai suoi: vuole che Saint-Preux rinunci a quella che lei chiama vana ostinazione (nell’essere fedele ad un amore che lei non vede più se non come amicizia), vorrebbe che Wolmar si convertisse, e persino in punto di morte crede che tutto questo possa divenire.
Diversamente la sensualità è vissuta da Saint-Preux. Nel momento in cui i piaceri del corpo vengono soddisfatti (I, 55), subentrano quelli dell’amicizia: l’amore assume tonalità meno violente, impetuose, e Giulia non è più solo un’amata, ma una madre, una sorella, un’amica. Le prove di ubbidienza cui Giulia lo sottopone, la pazienza che lo costringe ad avere, gli fanno gustare una forma meno travolgente ma non meno profonda di amore. Tuttavia mentre Giulia si fortifica e serra in un livello che mette i sensi in secondo piano, essi rappresentano per Saint-Preux quel trampolino di lancio che non verrà mai escluso dall’amore-passione. Tanto più Giulia si è uniformata alla razionalità di Wolmar, si è lasciata plasmare dal marito e dal proprio ideale di perfezione (e dalla religiosità, sebbene sia una fede concreta, operativa), tanto più si è allontanata sia dai sensi che, conseguentemente, dall’immaginazione. Nella comunità domestica aspira a quella trasparenza possibile solo tra puri spiriti.
In VI, 7 Saint-Preux, al contrario, scrive: “non è accanto a voi che sta il pericolo, sta nella vostra assenza, e non vi temo se non dove siete”. Un cuore come il suo, che, senza trascurare o saltare il piano sensibile (seguendo, ovvero, una ascesi di stampo platonico), si sia si è abituato ad amare trascendendo il piano sensibile, nel momento in cui vive l’assenza fisica dell’oggetto amato è libero comunque di rappresentarselo, e ciò significa che l’immaginazione lavora ancora, e quindi siamo di nuovo in presenza dell’illusione (al contrario de “la mia ragione… vi mostra a me così come siete”, sotto influenza dell’azione di Wolmar), quindi ancora l’amore-passione (al contrario del quieto godimento delle bellezze di Clara, senza un lavoro della fantasia). Cosa che Giulia non mancherà di notare, rimproverando l’amico di riprendere coi suoi voli di immaginazione.
I sensi, quindi, per Saint-Preux restano una sfera centrale, sebbene niente affatto esclusiva, della personalità. Il suo amore possiede quell’incostanza dovuto a una sensibilità vivissima e alle passioni accese, non controllabili. Se infatti Wolmar riesce a placare in apparenza i sentimenti di Giulia, a imbrigliarli, con Saint-Preux è destinato a fallire. Perché mentre Giulia ha un’immagine di madre, padrona di casa e moglie da preservare nella maniera più perfetta possibile, Saint-Preux resta Saint-Preux, ed è solo. E nella solitudine l’amore trae luce e linfa per fiorire. E nell’istante in cui Saint-Preux si rende conto che la sua Giulia è persa per sempre, ha paura di stare in sua assenza perché la sua memoria torna ad essere un pieno interlocutore, non più sovrapposta alla moglie di Wolmar. Solo, dinanzi a lei, nelle camere segrete del cuore, nessuno può sfiorarlo.
In II, 25, dando le indicazioni per la modifica del piccolo ritratto, ha mostrato quanta attenzione abbia avuto per i piccoli dettagli del volto della sua amata, sostenendo allo stesso tempo l’incapacità del ritratto a trasmettere l’anima di Giulia, i moti del suo corpo e del suo viso.
La libertà dei sensi che Giulia non può perseguire se non associandola alla morte, per Saint-Preux è un aspetto d’una passione totale, che si piega solo davanti alla volontà di Giulia, e comunque non nel momento in cui lei chiede di mettere in promiscuità l’amicizia di Saint-Preux verso Clara con un nodo nuziale tra i due. Ovviamente Giulia parla con cognizione di causa, ribadendo (VI, 8) che col piacere, col possesso dell’oggetto amato, l’illusione termina, e che “fin che si desidera si può fare a meno di essere felici; si aspetta di esserlo; se la felicità non viene, la speranza si prolunga, l’incanto dell’illusione dura quanto la passione che lo provoca”. Un matrimonio avrebbe significato la fine dell’amore-passione tra Giulia e Saint-Preux, al contrario di quanto sostenga Milord Edoardo.
Tuttavia, proprio per il trasporto completo con cui Saint-Preux si abbandona all’amore per Giulia, incondizionatamente, egli sfiora la morte. Prima in I, 26 confessa quanto vicino sia alla disperazione e al suicidio, poi alla fine del IV libro, dove Saint-Preux ha la tentazione di gettare se stesso e Giulia in acqua. E questo doveva essere il finale secondo un primo piano dell’opera.
Amore liberato e liberatorio.
La “Nuova Eloisa” si apre con la confessione, con l’impossibilità di trattenere ulteriormente il sentimento (I, 4)...
[Continua...]
Parte seconda dell'analisi dell'amour-passion entro la "Nuova Eloisa" di Rousseax: Saint-Preux e Giulia a confronto su razionalità, sensualità e affetto.
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